Il centrodestra unito verso le elezioni

di MI.VA.
Gianfranco Camadini e Giambattista Quecchia: l’accordo è fatto
Gianfranco Camadini e Giambattista Quecchia: l’accordo è fatto
Gianfranco Camadini e Giambattista Quecchia: l’accordo è fatto
Gianfranco Camadini e Giambattista Quecchia: l’accordo è fatto

Il centrodestra di Botticino unito verso le amministrative di maggio. Ieri mattina nella Sala delle colonne del palazzo municipale Giambattista Quecchia e Gianfranco Camadini hanno ufficializzato l’apparentamento delle liste che guidano: «Per cambiare Botticino» e «Laboratorio civico per Botticino». Un’alleanza forte dei 2435 voti e dei 1143 che rispettivamente Quecchia e Camadini avevano preso nella tornata elettorale del 2014, contro i 2.535 voti dell’attuale sindaco di centrosinistra Antonella Marchese. A sostenere la neonata compagine anche un nuovo gruppo, sempre di centrodestra. Per ora la nuova formazione non ha ancora un simbolo, ma «già lavoriamo al programma e agli uomini da mettere in lista», dice Quecchia. Se la sua «Per cambiare Botticino» è una lista politica che si riconosce nei valori del centrodestra, la lista di Camadini ha radici nel terreno del civismo. Tuttavia a livello locale i fatti contano sempre più delle ideologie, e tanto nelle commissioni che in Consiglio comunale entrambi si sono trovati fianco a fianco in numerose occasioni, accomunati dal giudizio di «inadeguatezza» sull’attuale amministrazione comunale. I due, d’altronde, ammettono che l’accordo poteva essere fatto anche nel 2014, e solo il ritardo «ha consentito al centrosinistra altri cinque anni di governo». Se il programma non è ancora sulla carta, appare certo che punterà su programmazione urbanistica e rimodulazione del welfare cittadino. Il posto di primo piano, però, spetterà al problema cave, che porta nelle casse del Comune oltre il 30 per cento degli introiti. È un tema «esplosivo», sottolinea Quecchia, oggetto di numerosi ricorsi al Tar. LA NUOVA formazione contesta in primo luogo la cancellazione delle sei aree estrattive, in vigore da 30 anni, per il lotto unico voluto da Marchese, che «lascerà 50 addetti senza posto di lavoro». E non è la sola accusa. Al centrosinistra si imputa di «essersi concentrato per cinque anni sui criteri delle gare – sottolinea Quecchia – e il giacimento di proprietà del Comune non è stato sfruttato, mentre la proroga fino al 2019 ha imposto a tre aziende su sei un futuro a scadenza ravvicinata che ha impedito gli investimenti e bloccato il turn over. Ora si aspetta l’esito dei ricorsi per capire l’eredità con cui dovranno fare i conti, ma “abbiamo idee e persone». •

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