Respinto il ricorso,
via libera
alla Castella 2

di Cinzia Reboni
Il Tar ha ignorato il grido d’allarme di migliaia di bresciani
Il Tar ha ignorato il grido d’allarme di migliaia di bresciani
Il Tar ha ignorato il grido d’allarme di migliaia di bresciani
Il Tar ha ignorato il grido d’allarme di migliaia di bresciani

La situazione ambientale è precaria, al limite della soglia di accettabilità, ma la prospettiva di aggiungere altro inquinamento in una zona già compromessa non può fermare le attività imprenditoriali. La libertà d’impresa, insomma, viene prima del diritto alla salute secondo i giudici del Tar che hanno respinto il ricorso contro l’apertura della Castella 2 nell’enclave tra Rezzato e Buffalora. AD IMPUGNARE l’autorizzazione concessa dalla Provincia alla discarica promossa da Garda Uno era stato il Comune di Rezzato supportato da 241 cittadini del quartiere, dalla Loggia e dalle Amministrazioni civiche di Brescia, Borgosatollo, Mazzano e Castenedolo, dal Codisa e da Legambiente. Nel bacino saranno smaltiti 905 mila metri cubi di rifiuti, pari a 470 tonnellate al giorno per 250 giorni all'anno. Per i giudici amministrativi la montagna di scorie di demolizione e di terreno proveniente da siti contaminati non sposta l’asticella del rischio. Il Tar ha ignorato la circostanza che la discarica - come sottolineato da Arpa e Ats - sorgerà su un territorio già ambientalmente stressato da autostrada ed impianti produttivi ad alto impatto, che si trovi a meno di un chilometro di distanza da un centro ricreativo e da tre scuole. Sul fronte qualità dell’aria - il progetto si colloca in una delle zone più inquinate d’Italia: nel recente rapporto Ispra, Brescia si posiziona all’ultimo posto, ed il risultato è frutto delle rilevazioni effettuate alla centralina di Rezzato - «la nuova discarica avrebbe un’incidenza modesta sul valore di fondo delle polveri sottili e del Pm10, e questo giustificherebbe il giudizio positivo di compatibilità ambientale», si legge nella sentenza. Anzi, «secondo il monitoraggio effettuato da La Castella, la centralina Arpa di Rezzato, oltre a distare appena 300 metri dalla Italcementi, è collocata in un contesto caratterizzato da una serie di attività produttive sito-specifiche, ed è del tutto presumibile che i dati rilevati siano ampiamente influenzati dalle emissioni caratteristiche di quel contesto territoriale. Per tale ragione si può affermare che la stazione di Rezzato non è rappresentativa della qualità dell’aria della zona della Castella». Tant’è che, al fine di definire le concentrazioni degli inquinanti simulati, sono stati utilizzati i dati rilevati dalla centralina di Brescia Broletto. Per quanto riguarda lo spostamento del bitumificio Gaburri nell’area confinante con la Castella 2 - che secondo i ricorrenti non sarebbe stato preso in esame dalla Provincia in fase di valutazione del progetto - l’impianto, secondo il Tar, «dovrà essere dismesso entro la fine del 2019, in quanto di pertinenza all’attività autorizzata nell’Ate g24 in fase di chiusura. Quindi viene eliminato “oggettivamente” un possibile elemento di ulteriore impatto sotto il profilo dell’ambiente e della salute». UNO SCHIAFFO anche a chi faceva leva sul Plis. «La discarica - si leggeva nel ricorso - sarà collocata all’interno del Parco delle Cave, e per dieci anni rallenterà il processo di naturalizzazione dell’area». Diversa la tesi del Tar: «la perimetrazione del Parco locale di interesse sovracomunale non comprende il territorio di Rezzato, e la variante al Pgt si limita all’individuazione di massima di un perimetro di possibile espansione del Plis delle Cave». Per cui «il sito destinato all’impianto non ricade inarea protetta, né se ne riscontra presenza nel raggio di 2 chilometri». La battaglia a colpi di carte bollate non è chiusa. La contromossa ora passa ai Comuni, con Rezzato ago della bilancia della partita. •

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