IL PREMIO

Salomoni, un talento da predestinato

di Alberto Armanini
«Quel riconoscimento ricevuto da Bruno Pizzul è il primo ricordo calcistico della mia carriera. Non ho rimpianti: ho sempre dato tutto me stesso»
Le squadre di Castelmella e Leonessa schierate al «Rigamonti» di Mompiano domenica 25 maggio 1975 in occasione della prima finale dei Giovanissimi
Le squadre di Castelmella e Leonessa schierate al «Rigamonti» di Mompiano domenica 25 maggio 1975 in occasione della prima finale dei Giovanissimi
Le squadre di Castelmella e Leonessa schierate al «Rigamonti» di Mompiano domenica 25 maggio 1975 in occasione della prima finale dei Giovanissimi
Le squadre di Castelmella e Leonessa schierate al «Rigamonti» di Mompiano domenica 25 maggio 1975 in occasione della prima finale dei Giovanissimi

Domenica 25 maggio 1975. Al Rigamonti si gioca Brescia-Como, quintultimo turno del campionato di B. I lariani sono lanciati verso la A (poi conquistata) mentre il Brescia vivacchia a centro classifica. Ne esce uno 0-0 senza emozioni, ma gli spettatori sono in visibilio. Merito di un'altra partita. Va in scena prima dell'evento principale ed è destinata a scrivere la storia molto più di quell'altra. È Castelmella-Leonessa, finale della prima edizione del Trofeo Bresciaoggi Giovanissimi. Il Castelmella vince 2-0. Tra i marcatori c'è Mario Salomoni, in campo altri giovanotti destinati a un illustre futuro come Adriano Festa, Francesco Pedersini e Stefano Bonometti, futuro capitano del Brescia. È proprio Salomoni, che a sua volta veste la fascia del Castelmella, ad alzare il trofeo al cielo. Consegnato da Bruno Pizzul. «È il mio primo ricordo calcistico - commenta oggi Salomoni -. Ricordo quel giorno tra i più felici della mia infanzia. Uscendo dal campo, col trofeo in mano, incrociammo lo sguardo dei giocatori di Como e Brescia che entravano in campo. Tra loro anche un giovanissimo Tardelli». Una combinazione del destino: Salomoni incrocia Tardelli, il giocatore a cui «ruberà» movenze, tempi d'inserimento e fiuto del gol. Archiviato il successo nel Bresciaoggi, Salomoni cresce in fretta. Debutta tra i grandi in età da Allievi. «In Seconda con il Castelmella: ho chiuso con 11 gol, non male per un centrocampista di 16 anni». Numeri che attirano le attenzioni dell'Ospitaletto. «Era l'Ospi di Corioni, Gozio e Settembrino. Mi presero dalla Seconda proiettandomi in uno spogliatoio di giganti. Quando sono entrato la prima volta mi sono sentito annichilito. C'erano Damonti, Nicolini, Troli, Gervasi, Bettoni, Plodari e il più grande di tutti: Mauro Saleri. Ricordo di aver pensato "qui sarà bello se faccio qualche spezzone". Invece ho giocato 28 partite su 30». Con l'Ospitaletto le cose vanno alla grande, lui viene votato miglior giocatore della stagione. Ma il servizio militare lo obbliga a voltare pagina. «Era inconciliabile col calcio in quel momento. Grazie a un trasferimento di caserma ho potuto ripartire dal Darfo, dove ho vissuto cinque anni bellissimi. Ero allenato da Oscar Piantoni, tecnico che più di tutti mi ha lasciato qualcosa. Memorabili le nostre notti di Coppa Italia Dilettanti, quella che si giocava contro le squadre di D. Per due anni è stato come giocare un campionato a parte girando l'Italia in lungo e in largo». Dopo 5 anni splendidi passa al Lumezzane. «Altre tre stagioni con la fascia al braccio e tanta responsabilità ma anche poche soddisfazioni. Ho assistito al primo esonero di Pasquetti, circostanza sfortunata nella carriera di un allenatore che ha sempre stravinto». A 29 anni conosce un momento di crisi. «Mi sono rotto il ginocchio. Ho recuperato e sono ripartito da Borgo San Giacomo, in Prima: sono andato via dopo 4 anni, in Eccellenza». L'ultima parentesi al San Paolo, dove resta altri quattro anni e vince ancora. «Ho bellissimi ricordi di tutta la mia carriera. Prima di andare a Darfo avrei potuto seguire Settembrino all'Ospi in C2, ma era giusto fare altre scelte. Forse poteva essere l'inizio di una carriera nei professionisti, chissà. Non ho rimpianti: il professionismo l'ho vissuto lo stesso. A Darfo, con il Lume e in tutte le altre squadre in cui ho giocato. Quel che conta, alla fine, è la passione». E Mario Salomoni ce ne ha messa davvero tanta.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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