L’ex cava rischia di rimanere un «buco nero»

L’ingresso dell’ex area di escavazione a Chiari
L’ingresso dell’ex area di escavazione a Chiari
L’ingresso dell’ex area di escavazione a Chiari
L’ingresso dell’ex area di escavazione a Chiari

Massimiliano Magli Chiari rischia di tenersi un cratere come tratto paesaggistico perpetuo del suo territorio. Parliamo della ex maxi cava ormai abbandonata di via Roccafranca, dove ha operato per anni la cava Betongamma e a seguire la società Fin Beton, ormai in liquidazione. Si tratta di un’area che risale agli anni Settanta, utilizzata come impianto di prestito per il potenziamento della Sp 72 e di altre strade della zona, poi diventata cava commerciale e infine sito di betonaggio. Per recuperare questo enorme spazio però servirebbero 100 milioni di euro, una cifra impossibile. Ma perché questa somma? Già nel 2003 la Giunta di Mino Facchetti, come la successiva di Sandro Mazzatorta, avevano lavorato per liberare da questo complesso di betonaggio la campagna. Ma le modalità cambiarono: la prima Giunta chiedeva il ripristino a campagna previsto dalla convenzione originaria. Negli anni successivi e ancora oggi, invece, il Comune ha previsto un recupero urbanistico integrato con il tessuto urbano: in sintesi, uffici, superfici commerciali e appartamenti. «La volontà definita dal Consiglio comunale anni fa - spiegano in ufficio tecnico - è cambiata e il ritorno a un piano agricolo è stato allontanato e stando queste le intenzioni i costi saranno enormi e lunghissimi i tempi». La prima mossa risale ai primi del 2014 quando il sindaco Sandro Mazzatorta pensò di inserirvi la caserma della nuova Compagnia dei carabinieri, abbinata a superfici commerciali e residenziali, oltre a spazi di socializzazione (c’era persino un anfiteatro, abbinato alla possibilità di attrattività del casello Brebemi). Tuttavia da allora la situazione è peggiorata: la caserma è stata spostata prima sul lato opposto della Sp 72 e poi in centro storico, con l’ipotesi di localizzarla nel complesso dell’Agenzia delle entrate (il tutto sempre sulla carta, visto che la sede resta dov’è, ossa in via Rota). NEL FRATTEMPO sono cambiate molte cose: il sito è inattivo da tempo, a escavazione conclusa. Inoltre ha visto sequestri di alcune porzioni per il ritrovamento di rifiuti abusivi (forse persino risalenti a 30 anni fa). Nel frattempo alcuni operai hanno ottenuto la possibilità dal liquidatore di Fin Beton di proseguire il betonaggio che ora, tuttavia, è fermo da tempo. Immobile come questo cratere, un esempio, uno dei tanti, che impone nuove considerazioni sulle garanzie finanziarie per la concessione di siti per l’escavazione. •

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