Un papà ucciso da un infortunio assurdo

di Simona Duci
La Bellini distillati teatro della tragedia avvenuta lunedì Mattia Parmini aveva 36 anni
La Bellini distillati teatro della tragedia avvenuta lunedì Mattia Parmini aveva 36 anni
La Bellini distillati teatro della tragedia avvenuta lunedì Mattia Parmini aveva 36 anni
La Bellini distillati teatro della tragedia avvenuta lunedì Mattia Parmini aveva 36 anni

Mattia Parmini è la ventesima vittima sul lavoro registrata nel Bresciano dall’inizio del 2019. Un anno «nero» per le morti bianche. Nello stesso periodo del 2018 i decessi erano stati sette in meno. L’andamento delle tragedie è la punta dell’iceberg fotografata dall’indagine di Bresciaoggi sui dati dell’Inail. Ogni ora nel Bresciano si consumano due infortuni sul lavoro. Dall’inizio dell’anno è come se tutti gli abitanti di un paese delle dimensioni di Botticino, neonati e anziani compresi, si fosse rivolta a medici, pronto soccorso e ospedali per curarsi traumi e ferite. La disgrazia che si è portata via Mattia Parmini, 36enne di Foresto Sparso, colpisce non solo perché la vittima era padre di due bambini piccoli, ma anche perché avvenuto in un’azienda a basso rischio come la distilleria Bellini di Paratico. Giovedì pomeriggio Parmini è stato investito da oltre un tonnellata di zucchero. Prima di essere soccorso è rimasto schiacciato sotto il carico per circa 20 minuti. I soccorsi a quel punto non sono serviti a molto, trasportato all'ospedale Papa Giovanni di Bergamo, non c'è stato nulla da fare. Attorno alle 22 è avvenuto il decesso. L’operaio lascia due figli: Alessandro di 5 anni e Lorenzo di dodici mesi. A piangerlo la compagna Cristina Cortesi, i genitori Giuseppe e Ivana e il fratello Alessio. PARMINI, soprannominato il «Tia» aveva prestato servizio in passato con la Protezione civile del paese e rivestito l’incarico di segretario dei cacciatori. Mattia aveva conosciuto Cristina alle medie e da allora la coppia aveva sempre camminato fianco a fianco. «Bisogna lavorare per vivere non lavorare per morire», ha postato sulla pagina Facebook un amico della vittima. La rabbia è lecita quando si parla di sicurezza sul lavoro, dove lo spettro dell'errore fatale è sempre dietro l’angolo. Un ragazzo solare Mattia, sempre con la battuta pronta, grande tifoso della Juve, tanto che una leggenda narra che preso dalla tifoseria più sfegatata, abbia deciso di dare il nome di Del Piero, al suo primogenito. La caccia e il calcio sono state le sue passioni più grandi. Oltre alle partite viste in diretta al bar con gli amici spesso il lunedì si dedicava per diletto, a correre da protagonista sul campo con il pallone. Per la ricerca della selvaggina c'era il week end, ma anche l'impegno organizzativo occupava il suo spazio. Essendo nel direttivo, si occupava di creare eventi per il gruppo, di gestire e organizzare ogni progetto. Tra un impegno e l'altro poi il suo lavoro, «che ha sempre messo ai primi posti», ha ribadito un amico, «Un lavoratore infaticabile, una persona speciale e affidabile», lo ricordano i colleghi. Mai un’assenza, sempre a farsi in quattro con grande professionalità. DI MATTIA ORA rimangono solo le spoglie e i ricordi che i tanti amici e la famiglia terranno stretti nel cuore. Anche se ci si chiede ancora una volta, come possa una ragazzo di 36 anni morire solo perché stava svolgendo il suo dovere sul posto di lavoro. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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