Vent’anni sulla breccia «Avevo sentito da subito il bisogno di andare oltre»

di S.DU.
Gianfranco Del Barba
Gianfranco Del Barba
Gianfranco Del Barba
Gianfranco Del Barba

Vent’anni in prima linea non sono pochi. Gianfranco Del Barba ha iniziato il suo viaggio con Rovato soccorso quando aveva poco più di 40 anni e, dice, «è solo una tappa che non segna di certo la fine». La sua è una passione che è stata alimentata da piccole esperienze con alcune associazioni di Erbusco, il paese di residenza, che col tempo l’hanno portato a sentire il bisogno di dare di più. «VOLEVO mettermi in gioco - ricorda - capire come comportarmi nel momento del bisogno». Così è arrivata l’iscrizione al corso formativo per soccorritore: prima le 40 ore di stage, poi le 80 per diventare esecutore. Dopo due anni il passaggio ad autista, e a capo equipaggio e istruttore Anpas. «È stata una strada sempre in salita - continua - e ho sentito fin da subito il bisogno di andare oltre». I turni della domenica sono quelli predestinati a Gianfranco, che con la vita da soccorritore ha dovuto fare i conti spesso: «È un sacrificio per tutti, anche per la tua famiglia. Io sono stato fortunato ho sempre trovato grande appoggio in questo. Quando capita per esempio che sei in missione e ricevi una chiamata dopo l’altra anche se finisci il turno non puoi rientrare, non puoi perdere tempo. È capitato anche un paio di settimane fa con la mia squadra, siamo stati in strada dalle 6 del mattino alle 18.30. Tre chiamate consecutive, arrivi a casa che sei stremato». Per lui tra le cose fondamentali c’è la conservazione dell’equilibrio nella squadra: «Hai davanti persone che stanno male, a volte situazioni drammatiche, ma devi mantenere il controllo. Devi essere lucido e mi assicuro sempre, come capo equipaggio, che anche gli altri lo siano. Se vedo disagio cerco di limitarlo, e poi sono tassativi i debriefing». DOPO VENT’ANNI ci si chiede quanto si è dato? «Alla fine conta non l’aver dato ma l’aver ricevuto - risponde -. Come quando ti chiedono conforto e ti ringraziano solo per una stretta di mano». Gli aneddoti non mancano, ma se gli si chiede di citare quello più bello ricorda la missione per «una ragazza in una situazione grave, 10 anni fa. L’avevo soccorsa e lei teneva gli occhi chiusi, sentiva solo la mia voce. Quando poi è stata meglio mi ha cercato. Trascorsi due anni da quell’episodio ci siamo incontrati proprio a un corso qui a Rovato. Ci siamo guardati e chissà come ci siamo riconosciuti. Ora siamo grandi amici».

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