Antenna selvaggia è un diritto

Se una bella mattina, aprendo le finestre, vi trovate davanti un’antenna alta trenta metri, non provate neanche a protestare. Gli impianti di telecomunicazione «sono compatibili con qualsiasi area» e «costituiscono espressione di un interesse pubblico nazionale, prevalente rispetto all’interesse locale di natura urbanistica». Lo ha stabilito il Tar, accogliendo il ricorso presentato da Infrastrutture Wireless Italiane e da Vodafone Italia, che chiedevano di annullare il parere negativo del Comune di Corteno Golgi, che invano si è opposto alla realizzazione del nuovo impianto di telefonia mobile nella frazione di San Pietro, in via Valeriana, ritenendolo non compatibile sotto il profilo paesistico-ambientale. Gli abitanti non solo dovranno «convivere» con «un palo flangiato, alto 24 metri con pennone sommitale di 6 metri e una struttura a terra per ospitare gli apparati, su una platea in cemento armato di 42 metri quadrati», ma l’ente camuno dovrà pure sborsare 3 mila euro per le spese di giudizio. La storia, dunque, si ripete. E dopo i recenti casi delle antenne di Pellalepre a Darfo e di Borgosatollo, la giustizia amministrativa torna a fare chiarezza sull’argomento. Al di là del «caso» di Corteno Golgi, «viziato» da difetti di documentazione tecnico-amministrativa, rimane il fatto che «la legge consente ai Comuni di favorire la concentrazione degli impianti di telecomunicazione in alcune aree. Sono però inammissibili le restrizioni riferite a intere zone del territorio, così come l’individuazione tassativa dei siti di installazione degli impianti, o la fissazione di distanze più ampie da quelle ritenute sufficienti dall’Arpa per il rispetto dei limiti di campo elettromagnetico». Risulta quindi - secondo il Tar - «inammissibile qualsiasi regolamentazione inserita negli strumenti urbanistici che renda impossibile o più gravoso per i gestori dei servizi di telecomunicazione il naturale obiettivo aziendale di assicurare una copertura omogenea del territorio comunale, e di migliorare costantemente le infrastrutture di rete per assicurare all’utenza la piena fruizione dei servizi basati sulle connessioni dati di ultima generazione». In questo quadro, «risulta illegittima anche la previsione di un’altezza massima indifferenziata per i tralicci, da cui derivi un divieto generalizzato di installazione su tutto il territorio comunale». Solo un vincolo paesistico, diretto a tutelare uno scenario percepito a grande distanza, «potrebbe risentire in qualche misura della presenza di simili infrastrutture, ma anche in questo caso resterebbe comunque aperta la possibilità di valutare soluzioni mitigative». •. C.Reb.

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