L'altro caso: dal lago in Valcamonica riaffiora un tesoro di «bollicine»

Alex Belingheri dell’Agricola Valcamonica di Artogne mostra le bottiglie fatte invecchiare in fondo all’Aviolo Per il recupero del vino sono stati mobilitati sub e usati palloni galleggiantiUno dei carichi fatti decantare per tre anni nelle fredde acque del lago
Alex Belingheri dell’Agricola Valcamonica di Artogne mostra le bottiglie fatte invecchiare in fondo all’Aviolo Per il recupero del vino sono stati mobilitati sub e usati palloni galleggiantiUno dei carichi fatti decantare per tre anni nelle fredde acque del lago
Alex Belingheri dell’Agricola Valcamonica di Artogne mostra le bottiglie fatte invecchiare in fondo all’Aviolo Per il recupero del vino sono stati mobilitati sub e usati palloni galleggiantiUno dei carichi fatti decantare per tre anni nelle fredde acque del lago
Alex Belingheri dell’Agricola Valcamonica di Artogne mostra le bottiglie fatte invecchiare in fondo all’Aviolo Per il recupero del vino sono stati mobilitati sub e usati palloni galleggiantiUno dei carichi fatti decantare per tre anni nelle fredde acque del lago

Le gelide acque del lago d’Aviolo, a quota 1930 metri, sopra Vezza d’Oglio, hanno restituito ieri le bottiglie di Estremo Adamadus calate in profondità tre anni fa da Alex Belingheri dell’Agricola Vallecamonica di Artogne. Un’«operazione» complessa e delicata, portata a termine da un elicottero e da una squadra di sommozzatori, arrivati sullo specchio d’acqua ai piedi dell’Adamello per recuperare con l’aiuto dei palloni galleggianti 1.825 bottiglie e 20 magnum del Millesimato 2017 e calare le nuove casse contenenti 2.240 bottiglie e 20 magnum dell’annata 2019. Lo spumante metodo classico, affinato in montagna a condizioni estreme, ha riposato per tre lunghi inverni in fondo al lago. Una «cantina naturale» che riesce a mantenere il vino a pressione costante, grazie alla combinazione tra altitudine ed immersione. «In inverno il lago ghiaccia - spiega Belingheri -, formando un tappo, e il vino “riposa” a una temperatura costante di 2-3 gradi. Per questo si chiama Estremo, anzi Estremo Adamadus, dal primo nome dato dagli austriaci all’Adamello». Il progetto è partito con l’annata 2016, messa in acqua nel 2017. Le bottiglie erano state posizionate a dieci metri, perché i laghi alpini non sono molto profondi. «Estremo Adamadus è il risultato di ricerca e sperimentazione anche su varietà di uve diverse dall’usuale, adatte alla coltivazione in montagna - aggiunge Belingheri -. Il primo tentativo è stato fatto con il Riesling Renano, adatto ai climi freddi, quindi alle grandi escursioni termiche prerogative della Valle Camonica. Ora sono state utilizzate le varietà Piwi, resistenti alle malattie fungine che producono uve libere da trattamenti, uve che regalano vini puri, puliti e rispettosi della materia». Belingheri produce vino dal 2003 in un territorio che non ha eguali. «Siamo in media montagna, e i miei vini nascono da vecchie e nuove vigne poste tra i 250 ai quasi 800 metri di quota, per lo più abbarbicate su pendenze importanti e in alcuni casi molto impegnative da lavorare. Da sempre il mio impegno volge al recupero e alla valorizzazione di antichi vitigni a bacca rossa presenti in Valcamonica da secoli, accettando nuove sfide, come per i vitigni a bacca bianca di recente introduzione». L’Estremo Adamadus è il «fratello minore» del Nautilus, il vino che «invecchia» a Montisola, a 40 metri di profondità. Un altro «prodigio» che si ripete ogni anno: pochi giorni fa sono state infatti recuperate cinquemila bottiglie dell’annata 2015, che hanno lasciato il posto sul fondale ad altrettante della produzione 2020. Un piccolo «tesoro» che, proprio per la sua caratteristica «cantina», prende il nome dal sottomarino immaginario del romanzo di Jules Verne «Ventimila leghe sotto i mari».•.

Suggerimenti