Perse la vita sul lavoro in un cantiere ma per l’impresa era un intruso

di Lino Febbrari
L’operaio  scomparso nel 2018 in Val Cavargna e residente a Edolo ripreso in un cantiereZyber Curri  è stato vittima di un infortunio a 48 anni
L’operaio scomparso nel 2018 in Val Cavargna e residente a Edolo ripreso in un cantiereZyber Curri è stato vittima di un infortunio a 48 anni
L’operaio  scomparso nel 2018 in Val Cavargna e residente a Edolo ripreso in un cantiereZyber Curri  è stato vittima di un infortunio a 48 anni
L’operaio scomparso nel 2018 in Val Cavargna e residente a Edolo ripreso in un cantiereZyber Curri è stato vittima di un infortunio a 48 anni

«Chiediamo che nostro padre venga riconosciuto come un lavoratore morto sul luogo di lavoro». Le parole di Hasan Curri, 27 anni, ci riportano al 12 dicembre del 2018 e in Val Cavargna, una località comasca al confine con la Svizzera, durante la costruzione di un impianto idroelettrico. Tra le imprese impegnate in cantiere c’è la Edilnova di Sondrio, con alle dipendenze principalmente carpentieri e muratori. Tra loro Zyber Curri, 48 anni, originario del Kosovo ma da una ventina di anni residente a Edolo con la moglie Hirmet, il figlio Hasan e le figlie Emine, Natyra e Bandha. Alla fine del millennio scorso, prima di abbandonare il suo Paese devastato dal conflitto, per alcuni mesi aveva militato nell’Esercito di liberazione del Kosovo. Approdato in Puglia, aveva risalito la Penisola per stabilirsi in Valcamonica, dove da più di un anno vivevano alcuni connazionali fuggiti anche loro dalla guerra. Zyber era un uomo mite che in breve seppe farsi voler bene da tutti. Del suo passato nell’Uck non parlava volentieri. Agli amici fidati raccontava che era stato costretto a impugnare le armi per difendere la sua comunità minacciata dall’avanzata dell’esercito serbo. Tornando a quella fredda mattinata in Val Cavargna, poco prima di mezzogiorno si verificò la tragedia: Zyber scivolò sul terreno ghiacciato e dopo un volo di una trentina di metri trovò la morte sul fondo di una scarpata. Fin da subito non fu più considerato un operaio, un collega vittima di un infortunio, ma un intruso; uno che passava di là per caso. «Una persona che non conosciamo e che si è intrufolata nel cantiere» dichiarò agli inquirenti uno dei responsabili dell’impresa. Per mesi l’ennesima morte bianca ha rischiato di restare senza responsabili. Infatti, gli investigatori hanno faticato a individuare la ditta per la quale lavorava, e solo ricostruendo il suo percorso lavorativo, grazie soprattutto ai sindacalisti della Fillea Cgil, poco alla volta il muro di omertà si è squarciato e la verità è venuta a galla. Quel maledetto giorno Zyber Curri non era per caso in Val Cavargna, ma lavorava in quel cantiere per un’impresa probabilmente subappaltataria dell’azienda principale. Una decina di giorni fa si è svolta l’udienza preliminare del processo che vede alla sbarra cinque imputati e la Fillea Cgil come parte civile. «Finalmente sono stati fatti grandi passi in avanti, e con l’impegno congiunto nostro e delle sedi comasca e regionale - dice Donato Bianchi, segretario dell’organizzazione sindacale camuno sebina -, siamo riusciti a ricostruire un puzzle davvero molto complicato. Ora la Procura di Como ha tutti gli elementi per poter far luce su questa brutta storia». «Nostro padre non faceva il turista, lui in quel cantiere lavorava - aggiunge con amarezza Hasan -. Siamo certi che lo faceva per Edilnova: usava un’auto della ditta per andare e tornare, e la ditta stessa pagava vitto e alloggio. Noi e gli amici lo consideriamo un martire perché è morto per mantenere la sua famiglia». La vicenda giudiziaria farà il suo corso e al termine del dibattimento il giudice stabilirà le responsabilità. Ma c’è un fatto che lascia sbigottiti i familiari: i titolari dell’impresa per cui lavorava il loro congiunto hanno sempre sostenuto di non conoscerlo e sarebbero alla caccia di testimoni che possano sostenere la loro posizione. «Non riusciamo a farci una ragione di quanto sta accadendo - conclude il giovane -. Dici di non aver mai visto una persona e cerchi persone da portare in Tribunale. Se uno non l’hai mai visto non ti servono testimoni. Per fortuna, e grazie alle giornate di ricerche del sindacato e del nostro avvocato, abbiamo in mano prove inconfutabili: nostro padre è stata una vittima del lavoro in quel cantiere».•.

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