Scuola cattolica in tono minore Dipendenti sul piede di guerra

di L.RAN.
La sede dell’istituto scolastico religioso di Cemmo di Capodiponte
La sede dell’istituto scolastico religioso di Cemmo di Capodiponte
La sede dell’istituto scolastico religioso di Cemmo di Capodiponte
La sede dell’istituto scolastico religioso di Cemmo di Capodiponte

Le «ferite» che il pesante taglio lascerà saranno molto importanti, e per questo è naturale che la mobilitazione contro i programmi della Fondazione Scuola Cattolica di Valle Camonica, che ha deciso di chiudere a partire da settembre la scuola media e il liceo di Cemmo, lasciando in funzione solamente i corsi del Centro di formazione professionale «Padre Marcolini», cresca e raccolga voci di sostegno anche nel mondo cattolico e tra gli ex studenti. DOPO i rappresentanti dei genitori, i quali tra l’altro hanno richiesto un incontro chiarificatore al presidente Massimo Ghetti, è arrivato prevedibilmente il turno dei dipendenti della stessa Fondazione. Si tratta di una trentina di figure professionali tra docenti e non che accusano il consiglio di amministrazione dell’ente di «aver calpestato la propria missione deliberando di interrompere gran parte dei corsi scolastici». I docenti hanno significativamente intitolato la loro protesta «L’ultima campanella», e se la prendono con una decisione «presa in modo risoluto e che fa pensare che da tempo non si aspettasse altro che un casus belli (la pandemia da coronavirus, citata nella e-mail indirizzata agli insegnanti e poco dopo ai genitori come il colpo di grazia alle già fragili finanze della Fondazione) per liberarsi senza alcun rimorso di una realtà avvertita unicamente come una scomoda voragine di debiti, nonostante non fosse apertamente ritenuta tale». I FIRMATARI fanno riferimento al progetto educativo d’istituto, nel quale tutti dovrebbero riconoscersi, e in cui sta scritto che «la Scuola cattolica non impartisce solo lezioni ma attua un progetto educativo attento alle esigenze dei giovani d’oggi e illuminato dal messaggio evangelico, mettendosi al fianco dei genitori che sono i primi responsabili dell’educazione, per formare personalità solide e armoniche, aperte alla fiducia nella vita e nell’impegno nel mondo». Non solo corsi e rette, insomma. Proprio alla luce di questo, i dipendenti della Fondazione ritengono che il consiglio d’amministrazione abbia calpestato la propria missione lasciandoli nello sconcerto, agendo con «impersonali e asettiche modalità comunicative completamente estranee allo stile della stessa struttura: essa viene così tradita e danneggiata nella sua immagine e nei valori che promuove sia dentro sia al di fuori». NELLA LETTERA indirizzata al presidente Massimo Ghetti, i dipendenti si dissociano naturalmente dalle scelte di chi dirige l’ente chiedendo chiarezza, anche e soprattutto a nome di 87 famiglie e di 106 studenti (11 dei quali hanno l’esigenza di una assistenza ad personam perché in condizioni di fragilità): «Vogliamo lasciare in eredità ai nostri studenti - proseguono nella comunicazione - la coerenza e la dignità, e comunque faremo quanto in nostro potere per essere guida e sostegno per gli studenti». «Infine - concludono -, seppur con l’amarezza di chi deve forzatamente salutare, non rinunceremo al sogno di essere per questi ragazzi loro testimoni autentici e credibili». •

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