Depuratore del Garda, battaglia sommersa

di Cinzia Reboni
Il flash mob di venerdì ha rilanciato la protesta contro il depuratore
Il flash mob di venerdì ha rilanciato la protesta contro il depuratore
Il flash mob di venerdì ha rilanciato la protesta contro il depuratore
Il flash mob di venerdì ha rilanciato la protesta contro il depuratore

Dalla protesta alla proposta, anzi alla riflessione. Nonostante il tempo stringa e il verdetto sul progetto del ministero sia atteso per mercoledì, l’invito ai politici bresciani di ogni livello di riprendere in mano la partita del depuratore del Garda rimasta in mano ai tecnici, non è caduto nel vuoto. IL SINDACO DI GAVARDO Davide Comaglio ribadisce lo spirito dell’appello: «È fondamentale che la politica approfondisca una serie di aspetti che non possono essere delegati a persone non elette dai cittadini. È inaccettabile che la decisione se depurare i reflui fognari del Garda negli impianti della valle del Chiese sia presa da funzionari che non risponderanno del loro operato al territorio». Lo snodo è la condotta sublacuale che pompa i reflui fognari dalla sponda bresciana al depuratore di Peschiera. Si sta davvero irrimediabilmente corrodendo? In caso affermativo «chi si prenderebbe la responsabilità di lasciarla sott'acqua per altri dieci anni, necessari a realizzare il collettore? Chi giustificherà manutenzioni periodiche sulle tubazioni, con costi superiori a quelli richiesti dalla posa immediata di una nuova tubazione "salva lago"?», si chiede Comaglio, che amplia la riflessione: «Il mondo è cambiato dopo il Covid: siamo all'inizio di una fase che chiede un ripensamento delle priorità. Tutti dovremmo interrogarci sullo spreco di 220 milioni per un progetto che aggrava le criticità del territorio del Chiese, nonostante ci sia un'alternativa più funzionale e collaudata». Se il costo del progetto veronese è passato da 80 milioni a 160 milioni, «perché non preoccupano gli oneri della soluzione bresciana, dove i costi dal solo progetto preliminare del 2018 a quello del 2019 aumenteranno fino a 51 milioni?», si domanda Comaglio facendo riferimento alla stima di 350 milioni ritenuti indispensabili per il depuratore «chiavi in mano». I sindaci della valle del Chiese si chiedono se sia moralmente corretto nel dopo Covid «coprire un investimento controverso raddoppiando gli importi delle bollette del servizio idrico delle famiglie bresciane». La riflessione coinvolge anche i sindaci del Garda: «Come faranno - rimarca Comaglio - a rispettare l’impegno di destinare una quota dell'imposta di soggiorno al finanziamento del depuratore e al pagamento della compensazioni promesse alle comunità del Chiese?». C’è un altro aspetto che dovrebbe indurre la politica bresciana a un intervento: i 33 chilometri della Gardesana da Gargnano a Gavardo, per la posa di tubazioni fino a 80 centimetri di diametro, sarà soffocata per dieci anni dai cantieri, con disagi che rischiano di dare la spallata definitiva al turismo. «Una soluzione alternativa c’è: sostituire il tubo subacqueo in acciaio con un ventesimo del costo del progetto attuale e contestualmente aumentare il diametro della conduttura già progettata sulla sponda veronese per salvare la sponda bresciana dall'impatto di 10 anni di cantieri e salvaguardare una zona di pregio tra il Chiese e il Naviglio», conclude Comaglio. •

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