Erbe di campo, una riscoperta da manuale

di Massimo Pasinetti
Al lavoro in sala Cucina per preparare le erbe selvaticheUna pentola di sapori
Al lavoro in sala Cucina per preparare le erbe selvaticheUna pentola di sapori
Al lavoro in sala Cucina per preparare le erbe selvaticheUna pentola di sapori
Al lavoro in sala Cucina per preparare le erbe selvaticheUna pentola di sapori

È un ritorno al passato gastronomico, sociale ed etnografico, e insieme una valorizzazione di qualcosa che è sempre stato qui, attorno ai nostri piedi. È il progetto «Erbe spontanee edibili», attuando il quale gli studenti della scuola Alberghiera dell’Istituto superiore «Giacomo Perlasca» di Idro (le seconde A e B del corso di Cucina) stanno valorizzando un tesoro. L’idea l’ha lanciata Sara Silvestri, guida ambientale escursionistica nonché esperta di erbe spontanee (ed ex studentessa del Perlasca) trovando il sostegno di Maria Rosaria Chierchia, docente di Scienze e referente al progetto: «Effettuando in questi anni alcune escursioni con i ragazzi per mostrare loro la bellezza del territorio - spiegano le promotrici - ci siamo rese conto che non sapevano assolutamente riconoscere le erbe spontanee commestibili presenti nei prati». Erbe comuni che in aprile e in maggio crescono e fioriscono in Valsabbia «che sono lì da sempre, e che una volta erano utilizzate in cucina nei momenti di carestia in sostituzione delle coltivazioni dell’orto». Specie che più che l’estinzione stanno rischiando di essere dimenticate: «Un sapore antico che si va perdendo e che ora si prova a valorizzare». IL PROGETTO, che si è concluso con una classe e che ora si ripete con l’altra, ha visto prima una fase teorica, con la presentazione in aula delle specie alimentari del territorio: dal tarassaco (quella che volgarmente chiamiamo cicoria) alla silene (il virzulì), dall’ortica (buona per i malfatti e il risotto, ma non solo) all’aglio orsino (l’aglio selvatico), dall’erba cipollina al luppolo (il loertis), dal timo selvatico alla piantaggine (da cui si ricavano succo e sciroppo) ai fiori di sambuco. La seconda fase, che ha visto i ragazzi seguiti dalla docente di Italiano Nadia Melzani, si è sviluppata con la ricerca delle ricette tradizionali realizzate con queste piante facendo riferimento soprattutto a nonni e bisnonni. Nella terza fase c’è stata l’uscita sul campo per identificare e raccogliere erbe commestibili, e nella quarta, quella di didattica laboratoriale, i ragazzi in cucina, seguiti da vicino dal loro chef Fabio Tabarelli, hanno realizzato le ricette, piatti antichi rivisitati in chiave moderna. «Ora prevediamo un’ultima fase - anticipa Rosaria Chierchia, la docente referente -, ovvero la raccolta del materiale realizzato per trasformarlo in un documento fruibile». Un volumetto, un sito dedicato, filmati e fotografie e spiegazioni tecniche (botaniche, ambientali e culinarie). La campagna, avviata a febbraio, si concluderà col mese di maggio coinvolgendo in tutto 34 futuri cuochi». •

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