Furto aggravato ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato e maltrattamento degli animali: due reati pesanti che, contestati a uno dei pochi uccellatori bresciani ancora «affezionati» all’uso dei crudelissimi archetti (tanti archetti) è costato l’arresto, e non una semplice denuncia, a un 47enne residente a Livemmo di Pertica Alta ma ben conosciuto a Pertica Bassa perché gestore dell’unica bottega di alimentari funzionante a Ono Degno. L’ex cacciatore (la licenza gli era stata sospesa anni fa dopo una denuncia rimediata per gli stessi reati) e uccellatore a tempo pieno si trova da giovedì agli arresti domiciliari, in attesa della convalida del provvedimento che era attesa ieri mattina in Procura e che invece è slittata. Il suo arresto è stato il frutto di una lunga e difficile attività di indagine sul campo e di un altrettanto faticoso appostamento che ha coinvolto i carabinieri forestale di Idro e Bagolino (per quanto riguarda la cattura) e quelli della stazione di Vobarno relativamente alle perquisizioni e ai sequestri. Il 47enne trappolava infatti in una zona - la località Cascine Po sovrastante l’abitato di Forno d’Ono, a Pertica Bassa - costantemente controllata da persone probabilmente conniventi, e con una strada forestale d’accesso sulla quale si affacciano alcune case abitate. Così, una volta individuato il punto, anzi i punti, dato che il valsabbino aveva piazzato i propri strumenti di cattura in sei siti diversi e per di più difficilmente accessibili, su balze scoscese e creste rocciose, i militari hanno organizzato un appostamento notturno. Sono arrivati sul teatro dell’operazione giovedì molto prima dell’alba seguendo a piedi sentieri impervi al buio, e una volta in posizione hanno dovuto aspettare fino alle 15 per veder arrivare il loro uomo. Che non li ha delusi. Il perticarolo ha iniziato a raccogliere i pettirossi appesi a testa in giù e con le zampe straziate dagli archetti per poi riarmare le trappole, e quando ne ha recuperati una trentina si è trovato davanti gli agenti: ha cercato di scappare ma non ce l’ha fatta, e a quel punto è iniziata la conta dello scempio. IN TOTALE l’uccellatore aveva piazzato ben 177 archetti e sei reti da dieci metri l’una, e all’altezza di queste ultime, oltre a grappoli di bacche di sorbo come esca, aveva piazzato alcune gabbie con altri uccelli protetti dalla Convenzione di Berna e dalle leggi italiane, stavolta vivi, utilizzati come richiami: una scena ormai rara nel Bresciano. La successiva perquisizione di un fienile e dell’abitazione dell’uomo (oltre che del suo negozio) ha poi portato alla scoperta di altri 79 archetti, di 32 mini tagliole per insettivori, i «sep», e di altre 9 reti. Visti i numeri del suo sistema di cattura è probabile che il bracconiere fosse inserito nel florido mercato illegale dell’avifauna protetta destinata a diventare ingrediente per lo spiedo. Di certo era un recidivo: la sua licenza di caccia se n’era andata nel 2011, quando era stato sorpreso a trappolare dagli allora forestali del Nucleo operativo antibracconaggio. •