La guerra per salvare il Gobbia Obiettivo su 11 anni complicati

Uno degli innumerevoli avvelenamenti del Gobbia
Uno degli innumerevoli avvelenamenti del Gobbia
Uno degli innumerevoli avvelenamenti del Gobbia
Uno degli innumerevoli avvelenamenti del Gobbia

Undici anni di «guerra» agli scarichi industriali nel torrente Gobbia di Lumezzane: una campagna condotta a fasi alterne e potenziata negli ultimi dodici mesi. Sarà questo il tema del rapporto che sarà presentato al pubblico mercoledì prossimo (30 novembre) alle 10,30 nel teatro Odeon. È trascorso esattamente un anno (era la notte tra il 13 e il 14 novembre del 2021) dall’ultimo scempio ai danni del martoriato affluente del Mella, che allora era diventato rosso rame a causa di seimila litri di cloruro ferrico provenienti dal piazzale di un’azienda di via San Giovanni Battista, a Gazzolo. Per quell’episodio la magistratura aveva aperto un’inchiesta per abbandono di rifiuti e inquinamento ambientale portando al sequestro dell’impresa. E in quell’occasione, il sindaco Josehf Facchini aveva annunciato un progetto da 60mila euro con cui coinvolgere la Comunità montana e il confinante Comune di Sarezzo, affidando a un professionista il monitoraggio delle acque e installando almeno altre quattro sonde rispetto all’iniziativa originale lanciata nel 2011. Due degli artefici di quel progetto di 11 anni fa che intendevano rendere Lumezzane un laboratorio unico a livello regionale sono l’attuale assessore all’Ambiente Andrea Capuzzi e il tecnico Sergio Resola, che ora è consulente, mentre nel 2011 era a capo del dipartimento controlli ambientali dell’Arpa. L’amministratore e il tecnico saranno allo stesso tavolo nell’incontro «Inquinamento delle acque superficiali. Monitoraggio come forma di prevenzione. L’esperienza di Lumezzane». Con loro il presedente della Comunità montana Massimo Ottelli, il direttore dell’Arpa Fabio Cambielli, il responsabile comunale dell’ufficio Ambiente Nicola Riva e il dirigente Andrea Zuccoli. Di fatto saranno descritti il progetto e i primi risultati a un anno dal potenziamento del monitoraggio dell’acqua; un progetto che dalla fine del 2020 vede in campo l’Arpa con il «Progetto fiumi», attraverso il quale l’agenzia ha tra l’altro donato al Comune una serie di strumenti (computer, sonde e modem) non più utilizzati. Come detto, da un anno è stato dato un colpo di acceleratore con l’ingaggio di Resola (fino al 2024) e l’acquisto di nuove sonde con una variazione di bilancio. A questi atti sono seguiti, all’inizio del 2022, l’assunzione del nuovo dirigente all’ambiente Nicola Riva e, lo scorso settembre, l’affidamento del prelievo delle acque superficiali dal reticolo idrico a un laboratorio di Castel Mella: un progetto al quale contribuisce anche la Comunità montana con ottomila euro pagato con i sovracanoni raccolti dal Bim. L’obiettivo, ovviamente, è evitare che il Gobbia continui a essere usato come una pattumiera industriale. Lo si insegue dal 2011, con l’installazione delle prime sonde in posizioni nascoste lungo l’alveo.•. F.Z.

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