L'ANNUNCIO

A Brescia via libera al Daspo urbano: ecco le «zone rosse»

di Eugenio Barboglio
Loggia al lavoro con prefettura e questura sulla mappa dei luoghi dove applicarlo. Escluse le piazze, l'attenzione si concentrerà sui parchi. E Muchetti: «Non è il portento che propaganda il centrodestra. Vale solo per reati molto minori»
Controlli della Locale nei parchi della città
Controlli della Locale nei parchi della città
Controlli della Locale nei parchi della città
Controlli della Locale nei parchi della città

Tra fine aprile e inizio maggio il Daspo urbano entrerà nel Regolamento di polizia di Brescia. Lo ha detto la sindaca Laura Castelletti e lo ha ribadito l’assessore alla Sicurezza, Valter Muchetti.

Che ha però molto ridimensionato la portata del provvedimento. Non è quel portento che vuole far credere l’opposizione, dice l’assessore. «È stato usato propagandisticamente, ma ha un limitato raggio d’azione». Sia dal punto di vista dei reati che colpisce sia, diciamo così, geografico. In pratica, scordatevi che serva per combattere le risse da strada delle baby gang piuttosto che lo spaccio. E scordatevi che sia applicabile ovunque sul territorio comunale.

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È uno strumento mirato su determinati comportamenti e determinati luoghi. Lo spiega Muchetti: «Commercio abusivo, atti contrari alla decenza, ubriachezza molesta e accattonaggio molesto: ecco gli ambiti di applicazione del Daspo urbano».

Insomma, non è le 12 tavole della legge. Quanto ai luoghi dove utilizzarlo, l’amministrazione Castelletti li sta concertando con questura e prefettura. Ha presentato una bozza in sede di Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico (Cosp) e discutono alcune correzioni. Presto la mappa definitiva sarà completa.

Da subito Muchetti chiarisce che, per dire, piazza della Vittoria, teatro di episodi di violenze con protagonisti giovanissimi, non ne farà parte. «E così in generale le piazze». Il motivo è presto detto, spiega: «I reati che si perseguono col Daspo urbano in quei posti non sono frequenti».

La mappa si concentrerà soprattutto sui parchi, laddove cioè la polizia riscontra più spesso i comportamenti per i quali il Daspo urbano è stato concepito. La sindaca Castelletti ha riassunto ieri in Consiglio comunale l’iter che ha portato al via libera al Daspo urbano nel Regolamento comunale. Ricordando che in una prossima seduta porterà anche all’attenzione del Cosp la petizione del centrodestra tra i cittadini. L’opposizione sta raccogliendo firme, ma prima che queste arrivino in aula, il Daspo urbano probabilmente sarà vigente.

Il decreto Minniti

In realtà, vigente lo è già, sottolineano sindaco e assessore. «In forza del decreto Minniti del 2017, ma limitatamente alle aree delle fermate di metropolitane, treni e autobus». Il che vuol dire che, ad esempio, alla Stazione il commercio abusivo o l’ubriachezza molesta si possono perseguire con questo strumento.

E le risse? lo spaccio? «Per quelli c’è il Daspo Willy, che però è un’altra cosa: vale su tutto il territorio e a gestirlo è il questore», spiega Muchetti. Il centrodestra sul Daspo urbano è in pressing da diversi mesi, ma «c’era un percorso da fare», dicono in Comune. Banalmente adeguare gli uffici del Comando di via Donegani per queste pratiche.

Comunque non è solo la Locale che dispone del Daspo urbano, può farlo qualsiasi agente di polizia, carabinieri, Guardia di finanza. Forze la cui presenza numerica in città dovrebbe essere aumentata, questa era almeno la promessa fatta in Prefettura subito dopo le rapine alle gioiellerie di via X Giornate.

Sono arrivati i rinforzi (si parlò di forze speciali)? Il consigliere del Pd, Andrea Curcio, ha interrogato la Giunta sul numero di effettivi che la questura oggi può mettere in campo. Secondo Curcio, da dati Silp-Cgil, quando il capo della polizia era Gabrielli, e la questura di Brescia era passata in categoria A, gli agenti erano stati fissati in 900 «ma ne risulterebbero 150 in meno». I carabinieri dovrebbero essere 1100. Al netto dei rinforzi promessi, secondo l’analisi di Curcio, vi sarebbe un deficit sul fronte dell’apparato che dipende dallo Stato.

Un deficit che avrebbe soprattutto una spiegazione: «A Brescia chi è di nuova nomina ci resta lo stretto necessario: un paio di anni. Gli agenti sono soprattutto originari del Sud - spiega - e preferiscono chiedere il trasferimento appena possibile, qui infatti il costo della vita è molto alto, a cominciare dagli affitti. Per questo sarebbe importante favorire un’offerta di case a canone convenzionato». In sostanza, di nuovi agenti a Brescia ne arrivano, ma non rimanendo il numero complessivo dopo poco torna sotto la quota stabilita con Gabrielli. «Sulla residenzialità convenzionata si sta pensando a Brescia come città pilota», conclude Curcio. La sua interrogazione tuttavia non ha avuto risposta, a Muchetti la questura non ha fornito i dati per ragioni di riservatezza.

Rischio spaccatura

Il via libera al Daspo urbano non incontrerà il plauso unanime nella politica bresciana. Dovrà passare dalla Giunta, dalla commissione e dal consiglio comunale, ma lo schema che si annuncia è lo stesso che si è visto in occasione dell’Ordine del giorno sull’antisemitismo. Ossia, la coalizione di Castelletti perderà pezzi, e se il Daspo urbano alla fine sarà approvato, lo sarà da una intesa trasversale col centrodestra. Come appunto capitò sulla dichiarazione dell’Ihra, ma stavolta la fronda potrebbe essere più consistente. Catalano, Gastaldi e Curcio sicuramente, ma sarebbero in forse anche i voti di Ashkar, Giuffredi, forse Labaran, Ghetti, anche di Capra: preoccupati per la tutela delle libertà personali.

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