l'allarme

Abuso di alcol tra i giovanissimi: cresce l’emergenza a Brescia (e non solo)

di Claudio Campesi
Al pronto soccorso in un anno sono stati 298 gli accessi di pazienti che avevano bevuto troppo. Tra questi, 25 under 18 di cui 5 nella fascia d’età 11-14 anni. Tra i teenager non c’è coscienza delle conseguenze. Solo il 7% si fa seguire

Alcol e giovani, nessuna consapevolezza della sostanza. La considerano un gioco. Negli ultimi 12 mesi sono stati 298 gli accessi (206 maschi e 92 femmine) al pronto soccorso del Civile per quadri acuti legati ad abuso di alcolici.

I dati del Civile

I dati, rilasciati in esclusiva a Bresciaoggi dal nosocomio, evidenziano che 20 di questi sono riferiti a persone di età compresa tra i 15-18 anni. A questi sono da aggiungere 5 prese in carico da parte del pronto soccorso pediatrico dell’ospedale cittadino relative a ragazzi di età compresa tra gli 11-14 anni. 46 sarebbero poi i pazienti ricoverati a causa di intossicazioni gravi, ma anche per lesioni legate all'abuso di alcol.

«Tutte le linee guida scientifiche considerano rischioso qualsiasi consumo alcolico, anche occasionale, nei giovani di età inferiore ai 18 anni poiché in questa fascia di età il sistema enzimatico non riesce ancora a metabolizzare l'alcol» spiega Laura Franceschini, dirigente medico del Noa (Nucleo operativo alcologia) di Brescia.

Il gap

Tuttavia esiste un gap considerevole tra il numero di persone che hanno problemi alcol-correlati e le persone seguite dai servizi sanitari. «Solo il 7% di chi fa un consumo dannoso di alcol è seguito» esplicita Franceschini. La domanda di una presa in carico sanitaria è infatti direttamente proporzionale alla percezione che le persone hanno della disfunzionalità di quel consumo.

Nei giovani questo si nota di più. «Purtroppo tra i giovanissimi, si pensi al binge drinking, c’è una percezione scarsissima di quanto l’alcol sia dannoso», conferma. È per questo che si registrano minori accessi da parte di un’utenza giovane ai servizi sanitari competenti. In tal senso Brescia è essere sopra la media nazionale, nel senso che a fronte di una lieve diminuzione dei consumatori di alcol, in città aumenta il numero di persone inviate ai servizi, sintomo di maggiore consapevolezza.

I presi in carico

Le persone prese in carico dal solo Noa cittadino nel 2023 sono state 307, in lieve aumento rispetto ai dati del 2022. Tra queste solo 16 (5%) sono d’età compresa tra i 20-29 anni mentre la fetta più consistente, 151 utenti, ha tra i 45-59 anni (49%). Sono da aggiungere le 84 consulenze (9 a utenti d’età compresa tra i 10-29 anni) rilasciate dall’ente cui non necessariamente segue una presa in carico.

Altra macrocategoria d’accesso al Noa riguarda i cosiddetti “casi patente”. Si tratta dei soggetti inviati dalla commissione medica locale patenti, ovvero delle persone fermate alla guida con tassi alcolemici superiori a quelli previsti dalla legge che nel 2023 sono stati ben 258, dei quali 28 d’età compresa tra i 20 e i 29 anni.

La cooperativa Il calabrone

Di prevenzione del consumo alcolico e di progetti di limitazione del rischio si occupa, a Brescia, la cooperativa sociale Il Calabrone. Dalle elementari alle superiori, la cooperativa si rivolge ai giovani con una serie di percorsi formativi personalizzati. «L’idea è quella di evitare che, come spesso capita, il discorso sulle sostanze sia affidato al solo confronto tra pari» racconta Gabriele Angoscini, uno dei responsabili de Il Calabrone.

Gestisce dal 2017 diverse équipe che si occupano di limitazione del rischio e riduzione del danno nei locali, ai rave e ai festival musicali. Si tratta di banchetti informativi sulle sostanze, alcol compreso. Nel 2023 gli educatori della cooperativa hanno registrato circa 1.500 etilometri proprio fuori dai locali bresciani. Sono perlopiù ragazzi e ragazze d’età compresa tra i 18-24 anni. La fascia più giovane, 14-18, non viene intercettata in queste occasioni. «Negli anni passati la vendita di alcolici a minorenni era più tollerata, ora c’è attenzione da parte degli esercenti» afferma Angoscini.

Un'altra emergenza

Il vero problema è che spesso arrivano già fuori dai locali con bottiglie di alcol, spesso di qualità scadente e portate da fuori. Il fatto che l’alcol sia socialmente accettato, rispetto ad altri tipi di sostanze, per ragioni storiche, culturali ed anche enogastronomiche, fa sì che i giovanissimi «si approccino all’alcol come fosse un gioco».

Questo è dovuto anche alla percezione distorta che si ha della sostanza, la trovi a casa, quindi si abbassa la soglia della propensione all’utilizzo. «I ragazzi che incontriamo non la considerano una sostanza eppure, se dovessimo tracciare una statistica dei danni che si fanno con le sostanze, spesso è proprio dal consumo di alcol che si generano risse o cavolate».

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