le indagini

Delitto a Brescia Due, sangue della vittima sui vestiti del fermato

di Redazione web
Svolta nell'inchiesta sulla morte del 25enne Yassine Ezzabir, colpito alla testa con una bottiglia e una grossa pietra. Il presunto responsabile venerdì sarà interrogato dal gip per la convalida
I carabinieri nel parco dove è avvenuto il delitto
I carabinieri nel parco dove è avvenuto il delitto
I carabinieri nel parco dove è avvenuto il delitto
I carabinieri nel parco dove è avvenuto il delitto

Svolta nell’inchiesta sull’omicidio avvenuto domenica sera in un parco pubblico di via Creta, a Brescia. Il sangue sulla felpa e sulle scarpe del fermato è della vittima. Lo hanno stabilito le analisi del dna effettuate su richiesta del pubblico ministero di Brescia Donato Greco, titolare dell’inchiesta sulla morte di Yassine Ezzabir, 25enne di origini marocchine, colpito alla testa con una bottiglia e una grossa pietra domenica sera vicino a uno stabile diroccato dove vivono persone senza tetto. Il presunto responsabile, il ventisettenne di origini somale Mire Habile si trova in carcere accusato di omicidio volontario. Domani sarà interrogato dal gip per la convalida del fermo.

L'autopsia sul corpo della vittima

I dubbi non erano molti, ma dall'autopsia è arrivata la certezza sulla causa della morte: un colpo di pietra vibrato al capo con estrema violenza. Ma non è questa l'unica certezza che arriva nelle ore successive alla morte di Yassine Ezzabir, avvenuta nei pressi di un parcheggio. Il 25enne di origini marocchine è morto nella notte tra lunedì e martedì, ma l'aggressione risale a domenica sera ed era apparsa subito piuttosto grave. Le indagini sono state affidate ai carabinieri che nel giro di poche ore dal decesso sono risalite al presunto responsabile dell'omicidio: H.M., somalo, 27 anni.

La ricostruzione delle ore precedenti l'aggressione

Yassine Ezzabir era arrivato a Brescia da Desenzano insieme al fratello. Dalla stazione ferroviaria i due avrebbero poi raggiunto il parcheggio di via Sardegna, dove si sarebbero divisi. Una separazione che di lì a poco, nella ricostruzione accusatoria, sarebbe stata seguita invece dall'incontro tra la vittima e quello che si sarebbe rivelato il suo assassino. In questo contesto sembra ricoprire un ruolo fondamentale una telecamera: documenterebbe che vittima e assassino non si sono separati.In una vicenda di sangue e di morte ancora una volta avrebbe recitato un ruolo importante l'alcol: forse entrambi avevano bevuto.

Di certo, nella lite c'è chi ha agito con maggior violenza prendendo in mano una pietra e colpendo al capo il rivale. Colpi violentissimi, al punto che quando i carabinieri sono arrivati hanno trovato il ferito in una pozza di sangue. Le sue condizioni sono apparse subito gravissime. Ha lottato e per due giorni tra la vita e la morte, poi il suo cuore ha cessato di battere.

Al vaglio anche le immagini riprese dalle telecamere

Gli accertamenti non si limitano però all'esame autoptico, ma anche all'analisi delle immagini delle telecamere. E un ulteriore elemento che conferma l'impianto accusatorio arriva ora anche dalle analisi del sangue trovato  su camicia e scarpe dell'arrestato. Il Dna conferma che è quello della vittima.

 

 

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