le indagini

Fatture false per 61 milioni, bresciani arrestati: imprenditore di Rudiano al centro dell'inchiesta

Dal suo ufficio "occulto" a Urago d'Oglio avrebbe gestito l'associazione a delinquere. Nei guai anche un altro imprenditore di Adro

Un imprenditore edile di Rudiano è finito al centro di un’inchiesta coordinata dai Procuratori della Procura della Repubblica di Brescia, Benedetta Callea e Carlotta Bernardini, relativa a un giro di fatture false per 61 milioni, crediti fittizi e riciclaggio che ha portato al sequestro di beni per 15 milioni di euro. Coinvolte 24 società e 12 persone fisiche, destinatarie di misure cautelari personali (custodia cautelare in carcere e arresti domiciliari) e misure interdittive del divieto di esercitare attività imprenditoriale.

Il ruolo dell’imprenditore bresciano

L’imprenditore bresciano dal suo ufficio “occulto” a Urago d’Oglio dal 2018 sarebbe stato l’uomo di riferimento del gruppo criminale nel quale ognuno avrebbe avuto compiti specifici e distinti.

Il sistema di frode

Il Gip ha ritenuto l’esistenza di gravi indizi di un’associazione per delinquere che «avrebbe gestito una fitta rete di società intestate a “prestanome” compiacenti, aventi sedi presso indirizzi inesistenti ed inserite in un complesso sistema di frode che vedeva imprese dedite all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, altre realmente operanti con alle dipendenze centinaia di operai edili i cui contributi previdenziali e le ritenute Irpef venivano versate in frode all’Erario attraverso la compensazione con i crediti Iva inesistenti artatamente creati con l’utilizzo delle fatture false, mentre altre società erano appositamente costituite per riciclare i proventi illeciti accumulati» si legge in un comunicato stampa della Guardia di Finanza.

L’attività investigativa, scaturita da alcune verifiche fiscali eseguite a carico di società della provincia cremonese e sviluppata attraverso mirati approfondimenti, consentiva di individuare l’organizzazione criminale operante tra le province di Cremona, Brescia, Bergamo e Verona.

Gli altri ruoli

Se l’imprenditore di Rudiano, secondo le indagini, era «a capo dell’associazione a delinquere e reale titolare di tutte le imprese» una donna di Campagnola Cremasca (CR), lavorando anche lei in un ufficio “occulto” ad Antegnate, nella Bergamasca, «era l’ addetta alla gestione dei conti correnti intestati alle 21 imprese coinvolte mediante utilizzo delle credenziali informatiche dei numerosi “prestanome”».

Sulla base degli ordini ricevuti, avrebbe eseguito le operazioni di riciclaggio consistenti nel trasferimento alla società immobiliare cremonese del gruppo di 1,6 milioni di euro, di 200.000 euro ad altra società del gruppo creata appositamente per l’acquisto ed il noleggio di autoveicoli di lusso, di 70.000 euro per la costituzione e l’avvio di un’attività commerciale nel centro di Verona, nonché di 204.000 euro per l’acquisto da un negozio della provincia di Brescia di orologi Rolex in favore del capo dell’organizzazione.

Anche un’imbarcazione di pregio, un motoscafo Riva di 15 metri del valore di circa 100.000 euro, sarebbe stato fittiziamente intestato ad una delle società edili coinvolte nella frode fiscale ma utilizzato in via esclusiva dal capo dell’organizzazione criminale.

I proventi illeciti, così riciclati e reimpiegati, avrebbero avuto origine dal versamento dei contributi Inps ed Inail e delle ritenute Irpef degli operai edili attraverso modelli F24 con l’indebita compensazione, per 5,5 milioni di euro, dei crediti IVA fittizi artatamente creati con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti “infragruppo” per 30 milioni di euro.

Nell’indagine è finito anche un imprenditore di Adro quale amministratore di fatto di due società edili intestate a “prestanome”, che si avvalevano delle fatture per operazioni inesistenti emesse dall’organizzazione criminale per 26 milioni di euro

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