«I figli hanno
bisogno d’affetto,
e di regole»

di Paola Buizza
Emma Avezzù, procuratore dei Minori, l’ex magistrato Giulia De Marco e Giuseppina Carpina dell’Aimmf
Emma Avezzù, procuratore dei Minori, l’ex magistrato Giulia De Marco e Giuseppina Carpina dell’Aimmf
Emma Avezzù, procuratore dei Minori, l’ex magistrato Giulia De Marco e Giuseppina Carpina dell’Aimmf
Emma Avezzù, procuratore dei Minori, l’ex magistrato Giulia De Marco e Giuseppina Carpina dell’Aimmf

Valori assoluti sempre più fragili, perché la famiglia, struttura fondamentale per la crescita etica delle persone, è sempre più assente e disgregata. Parlare dei diritti dell'infanzia, oggi come ieri, significa ragionare sul ruolo dei genitori, perché a loro compete la formazione morale dei figli, il loro processo educativo. Giulia De Marco, già presidente del Tribunale dei Minori di Torino e membro del direttivo Aimmf (l'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia) richiama all'ordine i papà e le mamme perché «la mancanza di regole e della loro osservanza sta facendo crescere ragazzi che non hanno fiducia in sé stessi e nella propria forza d'animo e soprattutto ragazzi irresponsabili che non comprendono spesso la gravità di alcuni comportamenti illeciti che commettono». Parole dettate da una lunga esperienza nelle aule dei tribunali, d'altra parte Giulia De Marco è stata una della «magnifiche otto», ovvero le prime otto donne che indossarono la toga nel 1965 due anni dopo l'approvazione in Parlamento della legge che stabiliva la parità tra i sessi negli uffici pubblici e nelle professioni. Bresciaoggi ha incontrato l’ex magistrato, ieri a Brescia in occasione della Giornata internazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, in concomitanza con l'apertura del Festival della Pace, percorso nel quale è stata accompagnata da Emma Avezzù, procuratore capo del Tribunale dei Minori di Brescia e Giuseppina Carpina, segretario della sezione di Brescia dell'Aimmf.

L'INIZIO DELLA CARRIERA come magistrato minorile risale al 1982, sette anni prima che l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottasse la Convenzione Onu sui diritti per l'infanzia, ratificata poi dall'Italia nel 1991. Giudice prima e presidente del Tribunale poi (fino al 2006), Giulia De Marco ha assistito alla crescita della «cultura minorile» che ha portato a «un maggiore rispetto dei diritti dei bambini. Il problema, però, è che la famiglia è diventata più fragile». Le separazioni, negli anni, sono cresciute e la conflittualità, troppe volte, ricade sui figli mentre «dovrebbe esserci mediazione tra diritti di entrambi i genitori e quelli del bambino». C'è poi un aspetto tutt'altro che secondario: «molte famiglie sono portate a credere che debba prevalere l'affettività sulle regole». Qual è la conseguenza? «La mancanza del ruolo normativo, soprattutto da parte dei padri. Nella psicologia è il padre quello che dà le regole, la madre colei che dà la fiducia». Sei i padri «non inchiodano i figli alle loro responsabilità» la percezione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato va in corto circuito. Giulia De Marco si riallaccia all'ultimo, grave, caso di cronaca che arriva da Roma: durante l'occupazione del Liceo Virgilio, due ragazzi si sono appartati per fare sesso e qualcuno, probabilmente un loro compagno, li ha filmati di nascosto diffondendo poi il video su Whatsapp. «I giovani hanno sollecitazioni verso il consumismo e una serie di attività ludiche diverse che noi non avevamo. Non ci sono più dei codici etici assoluti, oggi è tutto diventato possibile. I figli ti dicono “perché no”, mentre una volta il no del padre non si discuteva». C’è da aggiungere che «i genitori non sono più capaci di distinguere tra autorità buona e autorità cattiva, autorevolezza e comportamenti dittatoriali. E questa difficoltà si estende anche ai figli». Chi può rimediare tale situazione? «L'educazione va fatta con l'esempio. Bisogna essere coerenti con quello che si insegna e molti genitori non lo sono. Loro stessi agiscono come adolescenti che non vogliono crescere. Voler essere amici dei propri figli è controproducente, spesso si finisce con il colludere». Quel che è successo a Roma si riallaccia ai temi del bullismo e cyberbullismo, sui quali la guardia resta alta anche nel Bresciano. «È proprio nella mentalità del giovane non avere la percezione del pericolo. Difficilmente l’adolescente percepisce le conseguenze delle sue azioni. Agisce d'impulso. Anche quando si tratta di atteggiamenti scorretti». L’ex magistrato dà una strigliata anche ai media per i modelli che propongono, con il rischio di far percepire il corpo «come qualcosa da vendere». Una «sessualità commercializzata» che porta a vendersi per una ricarica del cellulare o qualche regalo: realtà emersa nelle indagini della magistratura bresciana su casi di prostituzione minorile. Se è diritto dei giovani avere mezzi che consentano il loro sano sviluppo sul piano fisico, intellettuale, morale, spirituale e sociale, lo è anche quello di essere protetti dalle violenze, fisiche e morali.

«LA GIUSTIZIA MINORILE è rapida perché non si può lasciare che situazioni gravi possano peggiorare ulteriormente a causa della mancanza d’intervento», spiega l’ex magistrato a proposito dei casi di violenza in famiglia.

«Ciò non vuol dire che non si debba dare tempo al bambino, agli assistenti, ai giudici o ai consulenti di verificare e approfondire la situazione che può modificarsi nel tempo». Giulia De Marco si è soffermata anche sulle violenze all’interno di famiglie di immigrati, di cui sono vittime soprattutto le figlie femmine, «giovani donne attratte da modelli di vita europei che entrano in contrasto con padri rigidi che vivono la disubbidienza come un attaccato alla loro autorità». «I servizi sociali, la procura, le forze dell’ordine possono aiutarle», assicura l’ex magistrato che, infine, lancia un monito: «se c'è un'emergenza, oggi, che riguarda soprattutto i minori è quella climatica. L’am- biente è un grandissimo problema, a livello generale».

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