STORIE DI ARTIGIANI

Pamela Venturi: «Amo disegnare e poi creare: questa è la magia della ceramica»

di Giada Ferrari
Da vent'anni in contrada del Carmine la bottega Off Art: «Amo ciò che faccio e ho sempre voglia di crescere e imparare qualcosa di nuovo»
Nel laboratorio Pamela Venturi lavora la ceramica e produce creazioni originali nella sua bottega al Carmine
Nel laboratorio Pamela Venturi lavora la ceramica e produce creazioni originali nella sua bottega al Carmine
Nel laboratorio Pamela Venturi lavora la ceramica e produce creazioni originali nella sua bottega al Carmine
Nel laboratorio Pamela Venturi lavora la ceramica e produce creazioni originali nella sua bottega al Carmine

Se c'è un lavoro che segue il ritmo della terra, è sicuramente quello del ceramista. Da Off Art di Pamela Venturi, bottega situata in contrada del Carmine da 20 anni, questo ritmo diventa palpabile, quasi tangibile. Qui, tra i suoni del tornio che ruota e il profumo dell’argilla fresca, si assiste alla magia. È un processo che rispecchia il ciclo della natura stessa: dalla creazione alla forma, dalla modellazione alla cottura, ogni passo è intriso di pazienza, dedizione e rispetto per il materiale. Un lavoro che ricorda la bellezza della lentezza e della connessione con la natura.

Quando ha deciso di diventare ceramista?
Sono approdata nel mondo della ceramica per caso. Dopo aver frequentato l'Accademia di scultura a Brera e aver lavorato come restauratrice e modella nelle scuole per disegno dal vero, un amico mi ha proposto di partecipare a un corso per diventare tornitrice di vasi. Alla fine lui non è mai venuto, mentre io ho frequentato per un anno la scuola a Montelupo Fiorentino, dove mi sono innamorata della ceramica e ho deciso di dedicarmi interamente a essa.

Qual è la differenza fondamentale tra arte e artigianato secondo lei?
Penso che l'artigianato sia più legato alla tecnica, mentre l'arte ha una componente più profonda di espressione e comunicazione. L’artista trasmette, racconta il tempo che stiamo vivendo. Nel mio lavoro, cerco di unire entrambi gli aspetti, creando oggetti funzionali che trasmettano un messaggio.

Qual è il suo approccio alla lavorazione della ceramica?
Amo disegnare, lavorare con il tornio e manipolare la terra, è un processo che mi permette di esprimere la mia creatività. Sono molto fortunata perchè posso permettermi di gestire i miei tempi: oggi ho voglia di fare le teiere? Faccio quelle. Spezza la routine. Non si tratta però di pezzi tutti uguali: preferisco creare pezzi unici piuttosto che lavorare in serie, in modo da poter dare libero sfogo alla mia ispirazione e interagire direttamente con i miei clienti. Mi piace trovare persone che mi danno carta bianca, che mi fanno entrare nella loro vita, nella loro storia, si chiacchiera, poi creo.

Mai ricevuto obiezioni?
Si a volte capita. In molti col tempo hanno capito, hanno visto il lavoro che c’è frequentando il mio laboratorio. Altri mettono subito le mani avanti: «Costa caro, mi fai uno sconto?». E questo riflette il fatto che il lavoro artigiano è poco riconosciuto come mestiere. Certo, alle persone piace avere il prezzo unico, però non tutti capiscono il lavoro che c’è dietro. Inoltre, non siamo tutelati dallo Stato. Vorrei lo fossimo, come avviene in alcuni paesi ad esempio la Germania. Siamo un patrimonio artistico da tutelare, non siamo riconosciuti, invece dovremmo essere salvaguardati.

Cosa la motiva a continuare nonostante le sfide del mestiere?
Sono fortunata perché amo ciò che faccio. Inoltre, ho sempre voglia di imparare e crescere. Ultimamente, sono ad un punto di stallo, mi piacerebbe riprendere a studiare, magari l’incisione. Amo l’arte in tutte le sue forme e ho voglia di imparare. La fatica mi piace, sto solo cercando nuovi stimoli.

Parlava di “comprensione“: in cosa consiste il suo lavoro?
Realizzo oggetti di utilizzo, ad esempi: tazze, tazzine, piatti, ma anche bomboniere, lampadari. Mi piace creare anche set per la colazione e servizi completi di piatti. La lavorazione dell’argilla inizia al tornio, tiro la terra, le do forma, poi l’oggetto deve asciugare. E questo è uno dei processi che viene poco compreso: la terra ha i suoi tempi, ad esempio d’estate asciuga subito e devo stare attenta che non si crepi, mentre d’inverno con l’umidità i tempi si allungano. È un lavoro di osservazione, poi restituisce il concetto di lentezza in un mondo troppo veloce.

Una volta asciutta, si passa al forno?
Si, una prima cottura per 24 ore, poi si disegna e smalta, infine si ritorna in forno per altre 24 ore. Devo dire che aprire il forno è la parte più bella, non sai mai cosa succede al suo interno e quando apri lo sportello è un po’ come Santa Lucia, chissà cosa troverò!

Ha una tecnica preferita?
Mi piace molto disegnare, ricreare l’effetto della matita. Lo faccio tendendo il grès non smaltato, poi disegno con dei pastelli ceramici che costruisco da sola, quindi l’effetto finale è proprio quello di un foglio di carta.

Cosa le piace disegnare?
I miei momenti, c’è molto della mia vita nella mia ceramica. Fermo un momento e lo rappresento, attimi di vita quotidiana che diventano piastrelle.

Un racconto che ha portato anche in mostra, al MoCa..
Si, insieme ad Emanuele Frassi di Vetri di Vetro, il negozio a fianco al mio, abbiamo creato le “Lockdown stories“: casette di vetro con all’interno delle piastrelle disegnate da me che raccontavano momenti intimi, personali, ricavati da delle foto che ci sono state inviate.

Le piace creare sinergia con altri artisti?
Si, mi piace lo scambio, soprattutto con persone con cui ho empatia. Anche per questo è bello che il mio laboratorio si mescoli al negozio, perché le persone vedono cosa faccio e poi possono passare a trovarmi. Trovo importante creare un dialogo anche con i miei clienti e comprendere le loro esigenze, dopotutto io creo ciò che loro desiderano. Cerco sempre di mettere il mio tocco personale in ogni lavoro che faccio, mantenendo la mia riconoscibilità artistica. Inoltre, mi è sempre piaciuto accontentare, le cose belle, artigianali è giusto che le abbiano tutti. Non importa il potere di spesa. A volte basta un pezzo, anche solo la tazza per la colazione, ma tuo, unico.

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