il lutto

L'ultimo reduce alpino della sezione Ana di Brescia è andato avanti: è morto Franceschini

di Marta Giansanti
Il 25 aprile avrebbe compiuto 104 anni: nel 1943 venne catturato dai soldati tedeschi e deportato in Germania

L'ultimo reduce alpino della sezione Ana di Brescia è andato avanti: è morto oggi, 21 aprile, a quasi 104 anni (da festeggiare il 25 aprile) Giovanni Marco Franceschini. Lo ha annunciato in un post su facebook la sezione di Brescia. 

Classe 1920, la penna nera bresciana è stata tenente degli Alpini in forza al Battaglione Exilles nella Seconda guerra mondiale, di stanza in Jugoslavia. Prima di posare lo zaino, l'alpino ha espresso il desiderio che alle sue esequie fossero presenti gli alpini.

I funerali si terranno martedì 23 aprile alle 10.30 nella chiesa Santa Maria Crocifissa di Rosa in città. 

L'ultima uscita ufficiale dell'alpino

L'ultima uscita ufficiale dell’ultimo reduce alpino della sezione Ana di Brescia, Giovanni Marco Franceschini, fu a gennaio dello scorso anno durante la Prima giornata nazionale della memoria del sacrificio alpino all’auditorium San Barnaba, inserita all'interno della celebrazione per gli 80 anni dalla battaglia di Nikolajewka. Mente lucida e una tempra dura e vigorosa, l'alpino raccontava a Bresciaoggi che "a causa di qualche acciacco" da parecchio tempo non partecipava più alle adunate: "l’età c’è e non è così facile marciare”, diceva.

Tutte le guerre sono sbagliate - aveva detto -. Sono solo un immane e ingiusto sacrificio di giovani vite innocenti. E, oggi, lo è ancor di più il conflitto in Ucraina perché è la sopraffazione di una grande nazione contro un piccolo popolo che chiede solo libertà e indipendenza”.

La sua storia in battaglia

Parole chiare di chi la guerra l’ha vissuta da molto vicino: ex tenente alpino (“successivamente promosso a capitano per anzianità”), partito nel gennaio del 1942 per il fronte jugoslavo, nel terzo reggimento alpini della divisione Taurinense. “Sono stato molto fortunato a portare a casa la pelle”, sottolineava. Dopo mesi di battaglia venne catturato dai soldati tedeschi e deportato in Germania. “Non avevamo altra scelta se non arrenderci davanti all’avanzata tedesca - ricordava Franceschini -: ci hanno caricati su alcuni treni, diretti a un campo di concentramento nei pressi di Berlino. Fortunatamente a guardia dei magazzini di scorte alimentari c'erano anche alcuni soldati italiani che spesso e di nascosto, ci davano da mangiare”.

Ricordi nitidi da tramandare e racchiusi all’interno di una profonda consapevolezza: “E’ fondamentale non dimenticare quanto accaduto per non ripetere gli errori passati ma soprattutto è ancor più necessario farsi portavoce dei sentimenti di pace e di fratellanza - sottolineava -, e il cappello che indosso e che ogni alpino porta con sé conserva questo enorme significato e questi indispensabili valori: è una grande responsabilità. Io - concludeva - ex ragioniere ed esportatore di accessori per automobili, ho fondato un’azienda (la Marco spa di Castenedolo, ndr) con circa 50 dipendenti e ora portata avanti dai miei figli e nipoti e, per me, oggi rappresenta la mia opera di pace”.

 

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