IL CASO

La Corte europea: «Aviaria, risarcire chi era in attività»

di Cinzia Reboni
La battaglia vinta da un allevatore di Isorella dopo il no del Tar e la sospensione del Consiglio di Stato. I giudici hanno censurato «il modo in cui Italia e Lombardia hanno applicato e interpretato le richieste di indennizzo»
Nell’inverno del 2017 l’aviaria aveva colpito duro in provincia di Brescia, con danni non indifferenti
Nell’inverno del 2017 l’aviaria aveva colpito duro in provincia di Brescia, con danni non indifferenti
Nell’inverno del 2017 l’aviaria aveva colpito duro in provincia di Brescia, con danni non indifferenti
Nell’inverno del 2017 l’aviaria aveva colpito duro in provincia di Brescia, con danni non indifferenti

Per vedere riconosciuto un diritto negato a causa dell’applicazione anomala di una normativa comunitaria da parte della Regione Lombardia, ha dovuto rivolgersi alla Corte Europea. Così un allevatore di Isorella potrà ora ottenere il giusto risarcimento – 160 mila euro - per la chiusura forzata di tre allevamenti di polli nel periodo dal 29 ottobre al 26 dicembre 2017, quando l'influenza aviaria si era abbattuta sulla nostra provincia provocando un danno di 10 milioni di euro, frutto dell'abbattimento di 1 milione e mezzo di volatili e della distruzione di 1,7 milioni di uova.

Il Tar aveva dato torto all'allevatore

A fine 2019, a causa dell'età avanzata, l'avicoltore aveva ceduto l'attività ai figli. Nell'aprile 2020, come previsto anche dalle misure di risarcimento sostenute dall'Ue, aveva presentato in Regione una domanda di contributo per i danni subìti tra abbattimento e fermo nei tre allevamenti, ma il Pirellone aveva negato l'indennizzo in quanto non era più lui il titolare dell’azienda. Attraverso i suoi legali – gli avvocati Enzo Barilà e Gianfranco Zanetti -, l'allevatore si era rivolto al Tar, che però gli aveva dato torto, sostenendo che «la misura di sostegno prevista dal regolamento doveva essere destinata essenzialmente agli imprenditori in attività alla data della domanda».

Il successivo grado di giudizio non aveva modificato la sostanza della sentenza del Tribunale amministrativo, ma aveva aperto uno spiraglio giurisprudenziale. Il Consiglio di Stato nel 2021 sollevava il dubbio sul contenuto della normativa europea, «non priva di ambiguità. Essa sostiene - si leggeva nelle motivazioni dei giudici di palazzo Spada - che, nel caso in cui dovesse essere privilegiata una funzione di mero indennizzo, potrebbe derivarne l’effetto distorsivo di dover escludere dalla platea dei beneficiari i soggetti cessionari delle aziende, dunque gli attuali titolari, i quali concorrono a comporre, nel loro insieme, il mercato da sostenere».

Il Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato aveva deciso dunque di sospendere il procedimento e di sottoporlo al tribunale del Lussemburgo.

La Corte Europea

I giudici della Terza sezione della Corte Europea hanno ora confermato che il regolamento mira all’adozione di misure eccezionali di sostegno del mercato per i settori delle uova e delle carni di pollame. L’indennizzo va a coprire le perdite di reddito subìte dagli operatori a causa dell’applicazione delle misure veterinarie e del protocollo di profilassi per contenere e contrastare la propagazione dell’influenza. Il solo criterio rilevante per determinare l’ammissibilità alle misure di sostegno «è se il richiedente fosse in attività sul mercato interessato al momento della perdita subìta, a prescindere dal fatto che sia in attività alla data di presentazione della domanda di sostegno». In sostanza, la Corte Europea ha censurato «il modo con cui l’Italia, e in particolare la Regione Lombardia, ha interpretato ed applicato la richiesta di risarcimento in modo da limitare l’accesso alle misure di sostegno ai soli operatori agricoli che erano ancora in attività nel settore avicolo alla data di presentazione della domanda di ristoro». La sentenza crea un precedente che potrebbe costringere la Regione a liquidare gli indennizzi negati in Lombardia. •.

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