SANITA'

Gozio, dottore in prima linea durante il Covid: «Noi soli e i pazienti terrorizzati»

di Magda Biglia
«Non eravamo preparati a quello tsunami - ricorda -, non avevamo strumenti. Andavamo a cercare le mascherine nei brico center. In parecchi avevamo avuto avvisaglie già da settembre, polmoniti strane, troppe, ne parlavamo sulle chat tra colleghi ma nemmeno noi ci aspettavamo una tragedia di quelle dimensioni"
Durante il periodo Covid il mondo dell’assistenza ha vissuto momenti davvero difficili
Durante il periodo Covid il mondo dell’assistenza ha vissuto momenti davvero difficili
Durante il periodo Covid il mondo dell’assistenza ha vissuto momenti davvero difficili
Durante il periodo Covid il mondo dell’assistenza ha vissuto momenti davvero difficili

Solitudine. È questo il ricordo più greve di quel 2020 che ancora fa accapponare la pelle a Giovanni Gozio, «medico di famiglia», come ama definirsi, a Rezzato, oltre che consigliere dell’Ordine. E poi senso di impotenza: «Non eravamo preparati a quello tsunami, non avevamo strumenti, non avevamo indirizzi né collegamenti. Andavamo a cercare le mascherine nei brico center. In parecchi avevamo avuto avvisaglie già da settembre, polmoniti strane, troppe, ne parlavamo sulle chat tra colleghi ma nemmeno noi ci aspettavamo una tragedia di quelle dimensioni».

Le ondate

Anche il dottor Gozio ha visto tanti suoi pazienti andarsene, più nelle successive ondate che nella prima perché i suoi pazienti in genere anziani col lockdown si erano letteralmente sbarrati in casa: «Famiglie intere sono state colpite, persone prima sanissime, finché i vaccini non hanno fatto la differenza». Gli studi erano chiusi, i colloqui telefonici, dopo le pericolose visite a domicilio privi di dispositivi di sicurezza, erano l’unico contatto: «Centinaia al giorno, telefonate drammatiche cui faceva seguito la ricerca strenua di un’ambulanza, di un posto letto, di una bombola di ossigeno che non c’erano. Mentre lo dico mi sento ancora emotivamente e dolorosamente provato, è stata molto dura. Ci sentivamo soli, con l’unico rapporto fra di noi sul cellulare. I colleghi in ospedale hanno vissuto un’esperienza terribile però meno soli, erano gruppo».

I vaccini

È mancata soprattutto l’organizzazione secondo Gozio: «Lo abbiamo visto in modo evidente nelle ondate successive, quando ci siamo trovati di nuovo in difficoltà organizzativa. Non avevamo imparato, non era cambiato nulla. E a tutt’oggi posso solo sperare che si dia più attenzione alla medicina del territorio impoverita». «Con i vaccini è mutato lo scenario e abbiamo le terapie necessarie, possiamo interagire con gli infettivologi, tuttavia non bisogna abbassare la guardia, in un giorno ieri mi sono capitati due casi seppur non gravi. Esiste ancora la quinta dose per gli over 80 e i fragili, anche se se ne parla poco. Soprattutto dobbiamo sapere che, con la globalizzazione, può accadere altro, è importante essere pronti e risolvere i nodi organizzativi. Si può e si deve» dice Gozio.

Il post-Covid

Come si sente oggi? «Professionalmente l’esperienza ci ha fatto crescere, ha rimarcato una volta di più quando sia fondamentale la territorialità e quanto sia da tutelare il sistema sanitario nazionale. E vedo che c’è maggiore consapevolezza del fatto che la salute non è cosa acquisita per sempre. C’è stato un bagno di realtà. Per molti di noi è stato un periodo molto pesante, non sono mancati lutti e burn out, sono stati parecchi i pensionamenti, dopo. Come uomo credo però che non siamo usciti migliori, come si auguravano gli striscioni sui balconi». 

Suggerimenti