Piazza della
Loggia, ergastoli
confermati

La strage del 28 maggio 1974 in piazza Loggia a Brescia provocò  8 morti e 100 feriti. In 43 anni ci sono state tre inchieste e ben 11 processi
La strage del 28 maggio 1974 in piazza Loggia a Brescia provocò 8 morti e 100 feriti. In 43 anni ci sono state tre inchieste e ben 11 processi
La strage del 28 maggio 1974 in piazza Loggia a Brescia provocò  8 morti e 100 feriti. In 43 anni ci sono state tre inchieste e ben 11 processi
La strage del 28 maggio 1974 in piazza Loggia a Brescia provocò 8 morti e 100 feriti. In 43 anni ci sono state tre inchieste e ben 11 processi

Svolta nella vicenda giudiziaria della Strage di piazza della Loggia. Da ieri ci sono due imputati condannati a titolo definitivo. Si tratta di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte. La sentenza che conferma gli ergastoli è stata letta in Corte di Cassazione ieri alle 23,26. Tra le parti civili e loro legati si sono registrati momenti di intensa commozione.

Era stata una lunga giornata. Per oltre due ore si era protratta l'arringa del sostituto pg Alfredo Viola, che senza mezzi termini aveva parlato di «mettere la parola fine» a una vicenda giudiziaria che si sta trascinando da più di 40 anni. Una vicenda giudiziaria segnata da «due diverse chiavi di lettura, una sola è giusta». «Se qualcuno ritenesse che ci si trovi di fronte a decisioni contrastanti - ha detto - comportanti di per sè un ragionevole dubbio, sosterrebbe un'opzione incompatibile con l'intero sistema processuale».

Secondo il magistrato ci si trova di fronte a un processo che non può essere classificato come per chiamata e rinnovazione relativamente a Tramonte, così come sostenuto dalle difese. Sul legittimo impedimento di Maggi ad essere presente ha sostenuto che «la corte milanese ha stabilito che le patologie sono croniche e stabilizzate». Parlando della Corte d'assise di Brescia ha sottolineato che «non recupera alcuna dichiarazione di Digilio e si sarebbe atteso che altri indizi venissero valutati autonomamente».

C'è quindi la «chiave di lettura della corte d'assise d'appello di Milano che prima valuta ogni elemento indiziario singolarmente, poi procede all'analisi degli elementi nel loro insieme. Io sostengo questo secondo metodo, certamente le difese invocheranno la bontà del primo». Così ha spiegato: «Oggi potete mettere la parola fine, per la strage non ci saranno solo presunti autori». Non è mancato il riferimento alle «reticenze e ai depistaggi, troppi, che hanno percorso le indagini sulla strage, come se la coltre di fumo sollevata dall’esplosione della bomba, la mattina del 28 maggio di 43 anni fa, si fosse invece propagata sull’Italia intera».

«Si tratta di un processo indiziario, complesso ma non impossibile: anche se non c’è la pistola fumante, è lo stesso possibile accertare le responsabilità e in questa vicenda ci sono voluti anni per rimuovere gli effetti di indagini errate, o volutamente errate». E di depistaggi si era parlato chiaramente anche nella sentenza di Milano. Una requisitoria, quella del sostituto pg, che è stata considerata particolarmente esaustiva anche dai legali di parte civile, al punto che si sono limitati, nella quasi totalità, a depositare delle memorie.

NELLA SECONDA parte del pomeriggio hanno preso la parola i difensori di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte. Per quest'ultimo è intervenuto inizialmente l'avvocato Marco Agosti, che più volte ha criticato la corte d'assise d'appello di Milano sostenendo che si «è dedicata a tessere una tela, ma le è sfuggito il fatto». Poi la parola sempre per quanto riguarda Tramonte all'avvocato Maurizio Giannone e quindi a Mauro Ronco, legale di Carlo Maria Maggi. «Abbiamo sentito per anni che era un processo per chiamata. E la corte di Cassazione ha detto che è indiziario...». Quando erano circa le otto e trenta l'aula si è svuotata con la prospettiva di un rientro dopo «circa due ore». Due ore e 43 anni dopo la parola fine è stata d’avvero scritta.

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