Quei polizieschi a Brescia: non solo ricordi

di Mario Pari
La locandina del film «La polizia sta a guardare» girato a Brescia La scena dell’investimento con il bambino sdraiato per terra in una fotografia con dedica di un attore
La locandina del film «La polizia sta a guardare» girato a Brescia La scena dell’investimento con il bambino sdraiato per terra in una fotografia con dedica di un attore
La locandina del film «La polizia sta a guardare» girato a Brescia La scena dell’investimento con il bambino sdraiato per terra in una fotografia con dedica di un attore
La locandina del film «La polizia sta a guardare» girato a Brescia La scena dell’investimento con il bambino sdraiato per terra in una fotografia con dedica di un attore

Nella puntata odierna delle «Storie dell’Anps» non portiamo testimonianze di ex poliziotti. Ma di un «ex bambino» che recitò in un poliziesco, uno dei due che negli anni ’70 vennero girati a Brescia. L’Anps sta raccogliendo materiale sulle pellicole e cerca comparse di allora, in vista di eventi in programma per il prossimo marzo. Contattare: Pietro Galli, tel. 349 1383234 Una scena d’altri tempi. Innanzitutto perchè un bambino di nove anni, sulla biciclettina, per strada oggi è quasi inimmaginabile. Poi, perchè è stata girata nel 1973 in un poliziesco. Uno dei tantissimi polizieschi che negli anni ’70 sono stati girati. Due anche a Brescia. Li ricorda bene Lucio Luterotti, che ora è un infermiere al Civile. Ma allora, quando inforcava la biciclettina, era un attore. Una scena durata pochissimi minuti all’interno di «La polizia sta a guardare», regia di Roberto Infascelli, con Enrico Maria Salerno, Lee J. Cobb e Jean Sorel: «E il figlio di Enrico Maria Salerno - ricorda Lucio Luterotti - recitava nella parte del figlio del questore. Lui era il bambino rapito, io il figlio di uno dei rapitori». La partecipazione di Lucio Luterotti, al film non era stata casuale: «Mio padre aveva recitato in teatro ad alti livelli, conosceva il regista ed Enrico Maria Salerno». La scena in cui il bambino viene investito, è una delle ultime delle film. «La polizia - racconta - scopre il nascondiglio dei rapitori, nella zona del quartiere Primo maggio, io esco di casa in bicicletta e vengo investito. Per girare quei due minuti furono necessari due-tre giorni. Ma ricordo ancora oggi la professionalità degli attori. In particolare, mi aveva colpito la precisione con cui lo stuntman al volante fermava l’auto, dopo il testacoda, nel punto previsto. Anch’io dovevo fermarmi in un punto determinato, che era stato segnato sull’asfalto. Era importante rispettare una determinata velocità con la bici. La scena venne ripetuta almeno cinque volte. Io arrivavo in quel punto e poi dovevo fermarmi. Ripensandoci adesso forse era un po’ rischioso, ma lo stuntman, un francese, era perfetto. Tutte e cinque le volte arrivava in quel punto millimetricamente». L’impatto poi, ovviamente, era con un manichino, il pilota doveva colpire la bicicletta con un testacoda, «e anche lì l’impatto era impressionante, sempre nello stesso punto: lo sportellino della benzina, contro cui andava a sbattere la testa del manichino». Nei ricordi c’è anche «un papà contentissimo per la partecipazione del figlio al film». Ma evidentemente, non tutto finisce con l’investimento: «Ricordo che per arrivare a girare la scena nel modo voluto dal regista, usammo diverse biciclette. Poi venivo sdraiato per terra e pitturato di rosso. C’era un poliziotto che si fermava a soccorrermi, mentre gli altri proseguivano nell’inseguimento. Il film venne girato soprattutto all’alba. Con me erano tutti gentilissimi». Lucio Luterotti, in realtà prese parte anche al secondo poliziesco girato a Brescia in quegli anni: «La polizia chiede aiuto». «Ma quella - spiega - fu poco più che una comparsa. Partecipai a un corteo funebre che si girava nel Vantiniano. Non ricordo il perchè, ma il problema era rimanere seri. La scena venne girata diverse volte». OGGI QUINDI Lucio Luterotti ricorda quei giorni anche se la sua professione è diversa. «In realtà - spiega -sono appassionato di cinema e ho seguito un corso di teatro. In passato, avevo un po’ pensato a fare l’attore, ma la conclusione è stata: “Sono un po’ timido“». Una timidezza che, in ogni caso non gli impedisce di dare un contributo importante in un contesto delicato in cui il ruolo da interpretare è quello di aiutare gli altri a guarire. Magari, da una caduta in bicicletta. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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