LA POLEMICA

Riforma Valditara, la scuola bresciana sulle barricate: «Un'occasione persa»

di Magda Biglia
Belponer (Nord2): «Frustrante buttare ciò che è stato fatto in precedenza». Lazzari (Arnaldo): «Le difficoltà non si risolvono così»
Polemica aperta sulla riforma della scuola coniata dal ministro Valditara
Polemica aperta sulla riforma della scuola coniata dal ministro Valditara
Polemica aperta sulla riforma della scuola coniata dal ministro Valditara
Polemica aperta sulla riforma della scuola coniata dal ministro Valditara

Il Ddl Valditara è passato in Senato, deve tornare alla Camera, poi deve concretizzarsi nelle circolari ministeriali che paiono già pronte a rimodulazioni nelle dichiarazioni pubbliche.

L’iter non è finito ma già si sono scatenate le polemiche sulle due facce della discussione: la stretta sul voto in condotta e il ritorno dei giudizi sintetici alla primaria, contro il quale è già partito un appello al presidente Mattarella firmato da intellettuali e docenti. I pro e i contro sono all’attacco, anche se, come sempre, ancora non sono chiare e stabilite nel concreto le linee del cambiamento.

«Troppe volte in questi anni la scuola, e la primaria in particolare, è stata palestra dei giochi dei partiti della maggioranza del momento, che si sono sostituiti a pedagogisti e psicologi» scrive la rivista specializzata Tuttoscuola. E un po’ dello stesso parere sono gli addetti ai lavori con i bambini dai 6 agli 11 anni, che da poco avevano dovuto mettere in piedi il sistema delle valutazioni analitiche e ora dovranno tornare alle sintetiche.

Non era una priorità

«Quello che non si vuole capire è che dietro a queste scelte esiste una riflessione, un lavoro, una formazione. È vero che forse quelle paroline solitarie saranno più comprensibili per talune famiglie, ma il cambio di valutazione non è indolore e non va preso alla leggera. Non mi sembrava questa una priorità al momento» afferma Patrizia Galeri, dirigente dell’Ic Ovest 2.

«La scuola ha bisogno di altro da un ozioso giro che non introduce novità né miglioramenti» concorda Maria Belponer dal Nord 2. «Sarà frustrante per i docenti buttare a mare tutta la preparazione sul metodo precedente, e sarà visto come una superficialità dai genitori il ripensamento repentino- aggiunge-. Occorrerà rimodulare tutto, anche i registri elettronici, la grafica, gli obiettivi. Sarà possibile davvero entro il 2024-25?».

«È un’opportunità mancata- commenta Paolo Barabanti, sociologo dell’educazione che opera all’Invalsi -. Non c’è stato il tempo di sperimentare il modo attuale che ha un carattere formativo, che sta dando risultati e un incitamento a estendere anche alla secondaria di primo grado. Speriamo almeno che non si vogliano ripristinare le materie al posto delle competenze e che non si intenda davvero aggiungere il giudizio "gravemente insuffciente", pesante come uno stigma con i piccoli alunni».

No al 5 in condotta

Uguali perplessità suscita, nel ddl, il legame fra condotta e voti nelle materie,esami e bocciature. Con il 5 bocciati, con il 6 a settembre in Educazione civica, penalità fino al 9, con il 9 e 10 il massimo dei voti alla Maturità: «Dare un peso maggiore al voto in condotta non risolve da solo il problema del peggioramento odierno dei comportamenti, che va affrontato complessivamente. Non può essere una panacea senza un progetto più ampio, senza nuovi patti con le famiglie», aggiunge Barabanti.

Come lui la pensa Anna Maria Gandolfi (Scuola Bottega): «Prima di dare un 5 e fermare bisogna chiederci se abbiamo davvero fatto tutto il possibile, se abbiamo cercato di capire le cause di un determinato atteggiamento. Bene le punizioni ma non devono essere strumento unico. Noi, ad esempio, come ventilato da Valditara, abbiamo già adottato le sospensioni alternative, non via da scuola a fare festa ma a collaborare con associazioni di volontariato con noi convenzionate, e questo ha dato buoni esiti».

Sulla medesima lunghezza d’onda è Daniela Gorgaini dal Golgi cittadino: «Misure punitive ci sono già, ma ci sono già anche progetti di giustizia generativa e non riparativa che mira al recupero. Le scuole li fanno, con più o meno successo, però quella è la strada. Il nodo spesso è che non tutte le famiglie capiscono o collaborano, invece per cambiare occorre la sinergia con i genitori e con tutte le agenzie educative».

Sanzioni sempre più difficili

Sul ruolo delle famiglie punta il dito anche Augusto Belluzzo, dall’istituto Pastori: «Gli studenti spesso reagiscono alle punizioni e le famiglie sono critiche. È sempre più difficile sanzionare. Il disagio sociale è palpabile, io conto sull’autonomia che la norma darà alle scuole, ognuna nel suo contesto».

«Le difficoltà dell’attuale situazione sociale non si risolvono con esternazioni, è molto complicato. Si devono affrontare serie riflessioni, approfondimenti pedagogici non realistici in pochi mesi. A metà maggio si dovranno fissare i criteri per gli scrutini finali, pare possibile la tempistica?» suggella Elena Lazzari dal liceo Arnaldo.

«Indubbiamente abbiamo assistito a comportamenti e a fatti molto gravi che ci portano a dire che il Governo e il Parlamento hanno fatto bene a prevedere questo inasprimento di pene e sanzioni sul voto in condotta e sulle modalità di sospensione dalle lezioni», è invece stato il recente commento di Valentina Aprea, ex assessora lombarda all’Istruzione. Tuttavia pure lei sottolinea: «Varate queste riforme, è ora di richiamare genitori e studenti a una maggiore responsabilità sociale, anche attraverso nuovi patti educativi da favorire attraverso l’ascolto, il dialogo e regolamenti di istituto condivisi e sottoscritti da tutti gli attori della comuni

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