il caso

Non parla l’italiano, il sindaco di Pontoglio le nega la cittadinanza

di Cinzia Reboni
Secondo il primo cittadino è stato "un atto dovuto. Era nel nostro Paese da 21 anni ma non ha saputo pronunciare il giuramento"

Al momento i commenti sui social sono tutti a suo favore. La decisione del sindaco di Pontoglio Alessandro Pozzi di negare la cittadinanza ad una donna marocchina, residente da 21 anni nel nostro Paese ma che non parla la lingua italiana, fa discutere, ma senza alimentare divisioni.

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L’immigrata non è stata in grado di pronunciare il giuramento di «essere fedele alla Repubblica, di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato». Da qui la decisione di Alessandro Pozzi, che ha comunicato e motivato la sua decisione per smorzare sul nascere le polemiche. La stessa cosa era avvenuta a ottobre dello scorso anno, quando il primo cittadino si era ritrovato nella medesima situazione.

Le motivazioni 

«Proprio come allora – spiega il primo cittadino di Pontoglio – questa signora ha purtroppo dimostrato non solo di non possedere il livello minimo di conoscenza della lingua italiana, ma, ancor più preoccupante, durante la cerimonia ha mostrato difficoltà nel capire la richiesta di pronunciare il giuramento richiesto dalla normativa. La sua incapacità di comprendere e parlare la lingua italiana, dopo oltre 20 anni, solleva non solo legittime preoccupazioni pratiche, ma anche interrogativi più ampi sulle barriere che potrebbero esistere nel processo di integrazione, sia a livello familiare che sociale. Non sta a me accertare se la persona parla o meno l'italiano, ma il giuramento deve essere pronunciato. E' un atto dovuto, e il sindaco deve agire sulla base del pronunciamento di tale formula».

L’analisi

Secondo Pozzi, «è preoccupante pensare che una donna possa trascorrere così tanto tempo in Italia senza acquisire una conoscenza minima della lingua del Paese ospitante: ciò solleva dubbi sulla reale inclusione nel corso di questi anni. Saper parlare e comunicare è un elemento chiave per favorire il senso di appartenenza alla nostra nazione». La marocchina ha avanzato la richiesta di cittadinanza più di 15 anni fa, «ma pare evidente che non abbia mai voluto integrarsi e partecipare ai corsi di italiano offerti dal Comune – continua il sindaco –. Ho verificato personalmente la sua partecipazione agli ultimi corsi di alfabetizzazione, persino a quelli del Cpia di Chiari nel 2022-23, ma purtroppo il suo nome non figura tra gli iscritti».

La negazione è "un gesto doveroso"

La cittadinanza italiana «è un traguardo importante che va oltre i confini del “pezzo di carta". Non è solo un atto burocratico, ma una promessa di rispetto reciproco e amore per la nostra nazione, e richiede un impegno profondo nel volersi veramente integrare - prosegue Pozzi -. La negazione della cittadinanza è stato un gesto doveroso, di rispetto verso i cittadini di origine straniera che sono diventati italiani e si sono integrati nella nostra comunità».

Tra i commenti sui social, anche quello di Lorenzo Guzzetti, dal 2007 al 2019 sindaco di Uboldo, un Comune in provincia di Varese, che sprona Pozzi ad «andare avanti così: hai la mia piena solidarietà». Nel 2015 Guzzetti aveva negato la cittadinanza italiana a una donna straniera, e la vicenda aveva destato scalpore. L’immigrata voleva che fosse il marito a giurare per lei, ma per tutta risposta il sindaco di Uboldo si era tolto la fascia tricolore, invitando la coppia a rivolgersi al prefetto per il giuramento, perché lui non lo avrebbe permesso. Risultato: dopo due settimane la donna si era ripresentata recitando la formula a memoria. «L'ho fatto anch'io anni fa – ricorda Guzzetti su Facebook -: arrivarono tutti in paese, da Il Fatto Quotidiano a la Repubblica».

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