Il ghiacciaio dell'Adamello ha una memoria lunga, ma ce l’avrà ancora per poco se è vero, come prevedono gli esperti, che entro il 2070 la bianca distesa ai piedi della più alta montagna camuna non esisterà più. Un triste epilogo per il ghiacciaio che oggi conserva i fatti più significativi della storia recente: lo dimostrano le prime analisi condotte dall’università Bicocca di Milano presso l'EuroCold Lab sulla «carota» di ghiaccio estratta nel 2021 dal progetto ClimAda.
Uno studio lungo e complesso (finanziato da Fondazione Cariplo) dal quale emerge che sono andati persi, a causa dello scioglimento, gli ultimi 33 anni di vita del ghiacciaio. Per il momento sono stati misurati tre punti importanti: «Dalle rilevazioni fatte - spiega Lino Zani, coordinatore del progetto - abbiamo le prime segnalazioni nel 1988. Come lo sappiamo? Abbiamo trovato subito tracce di uranio proveniente dallo scoppio della centrale nucleare di Chernobyl del 1986. Poi più a fondo c’è stata un’altra anomalia data dalla fibra ottica, di temperatura e di spostamento.
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A 60 metri infatti invece si torna alla prima Guerra Mondiale, per un livello scuso spesso una decina di centimetri: abbiamo trovato una serie di segnali, addirittura delle sostanze organiche lasciate da animali che probabilmente attraversavano il ghiacciaio». Si stanno poi considerando anche i materiali che costituivano i proiettili e le armi che venivano usati dalle due controparti, nel tentativo di riconoscerne la presenza in loco. Si procede infatti a una risoluzione centimetrica (i carotaggi sono lunghi 70 centimetri ciascuna per un totale di 230 metri e vengono sezionate in piccoli dischi): nel ghiaccio, oltre a una notevole quantità di polveri, sono preservati resti di polline di piante che crescevano a valle del ghiacciaio, carboni, spore di funghi e alghe.
Ma se vale già molto in termini di studio il primo carotaggio, varrà ancora di più quello previsto nella primavera del 2024 quando gli esperti si sposteranno poco più a monte dell’area già analizzata, per andare ancora più in profondità, «dove c’è la parte più profonda e per questo, risultando molto compressa e complessa». Intanto «siamo anche riusciti a scoprire che sotto il ghiaccio non c’è acqua né roccia ma detrito morenico di una trentina di metri e vorremmo recuperare parte di questa morena perché vuol dire che migliaia di anni fa lì non c’era ghiacciaio. Ed è un dato importante perché ci dice che quelli che viviamo sono cicli che si susseguono». L’obiettivo a questo punto è provare a ricostruire, attraverso i 230 metri di ghiaccio già prelevato, l’evoluzione climatica degli ultimi secoli e l’impatto dell’uomo negli habitat di alta quota.