ambiente

La "pandemia" del bostrico cambia aspetto alla Val Palot

di Alessandro Romele
Il Consorzio forestale è già intervenuto con la bonifica di 200 ettari di abeti rossi morti o morenti

Accompagna il sempre più forte riscaldamento globale l’altrettanto forte attacco del bostrico alle abetaie della Valcamonica. Anche a Pisogne, dove è la Val Palot a essere maggiormente colpita. Sui monti alle spalle del capoluogo sono ormai migliaia gli abeti rossi colpiti dal coleottero, la cui grande espansione (si tratta di una specie autoctona, non di un invasore) è iniziata sulla «macerie» lignee lasciate dalla tempesta Vaia dell’ottobre del 2017, che schiantò al suolo interi boschi.

Gli interventi

Per contrastarlo, da tempo il Consorzio forestale Sebinfor, su richiesta del Comune di Pisogne e della Comunità montana del Sebino bresciano, ha avviato diverse operazioni. «In un anno e mezzo - afferma Marcello Baiguera, direttore tecnico del consorzio - siamo riusciti a coinvolgere una decina di imprese boschive che stanno lavorando ancora per riuscire a eliminare le superfici ad abete rosso oramai totalmente compromesse. Solamente nell’arco del 2023 siamo arrivati a trattare circa 25mila metri cubi di materiale legnoso. Parliamo di lotti vasti, anche di ottomila metri cubi. La stima è di una superficie di circa 200 ettari di abete rosso. Il dato però è relativo solamente a un terzo del territorio da trattare».

È solo una pezza

Il problema, però, non si potrà probabilmente risolvere. Perché come spiegano autorevoli fitosociologi, alla luce delle condizioni climatiche, delle temperature sempre più in rialzo, l’abete rosso non potrà più resistere a Sud delle Alpi. «In Val Palot - continua Baiguera - abbiamo abetaie intorno ai 1.200 metri di quota: troppo bassa per potere sperare nella salvezza della specie. Si tratta di una criticità drammatica, e il bostrico sta lavorando in maniera devastante».

Intanto però «l’attività principale è quella di intervenire sulle aree già completamente seccate - spiega il tecnico - e per forza di cose si rende necessario il taglio. Cerchiamo ovviamente di conservare tutte le altre specie: larice, abete bianco, faggi e aceri montani. E già dallo scorso anno abbiamo avviato anche interventi di riforestazione costituendo nuclei di rinnovazione misti. Un trend che non si realizza in 5 o 6 anni, ma la rigenerazione è pluridecennale. Dobbiamo sapere che quello che siamo abituati a vedere cambierà totalmente». «Siamo molto attenti a queste criticità - aggiunge l’assessore al Territorio pisognese Nicola Musati - e alla sicurezza di questi luoghi. Boschi più sicuri favoriscono il turismo sostenibile».

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