Ex Selca, il «valzer dei dati» frena la bonifica

di Lino Febbrari
L’ex sito industriale  di Forno Allione visto dall’altoNell’area della ex Selca è iniziata almeno la messa in sicurezza delle scorie che incidono su falda e Oglio
L’ex sito industriale di Forno Allione visto dall’altoNell’area della ex Selca è iniziata almeno la messa in sicurezza delle scorie che incidono su falda e Oglio
L’ex sito industriale  di Forno Allione visto dall’altoNell’area della ex Selca è iniziata almeno la messa in sicurezza delle scorie che incidono su falda e Oglio
L’ex sito industriale di Forno Allione visto dall’altoNell’area della ex Selca è iniziata almeno la messa in sicurezza delle scorie che incidono su falda e Oglio

Mentre a Forno Allione sono finalmente iniziati i lavori imposti alla curatela fallimentare dall’ultima sentenza del Consiglio di Stato, opere che servono a canalizzare e allontanare dai veleni le acque che percolano dall’enorme quantità di scorie per evitare che continuino a inquinare la falda e l’Oglio, i due comitati che raggruppano tutte le associazioni che da tempo si battono per la bonifica integrale bonifica della ex Selca («Natura e cultura in Vallecamonica - Liberiamola dai veleni» e «Bonifica ex Selca», realtà che agiscono all’unisono) alzano il tiro e mettono nel mirino l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Il motivo? Le troppe contraddizioni emerse scorrendo i dati della contaminazione, incoerenze che secondo gli ambientalisti impedirebbero lo smaltimento del materiale. «Fino a poco tempo fa pareva fosse possibile conferire tutta questa porcheria ad aziende attrezzate per la lavorazione e il successivo invio in una discarica controllata - chiarisce Italo Bigioli, portavoce delle due realtà -. Invece, adesso viene a galla che c’è un’eccessiva concentrazione di fluoruri e che questo, per legge, impedisce tale possibilità. I numeri che ci erano stati comunicati precedentemente non dicevano questo - tuona l’ambientalista - e purtroppo così ci troviamo di fronte a un inatteso e gravissimo problema, come se non ce ne fossero abbastanza. Speriamo che le sorprese negative siano finite, in modo che ci si possa muovere». I membri dei due comitati sono seriamente preoccupati, perché concentrazioni così elevate di inquinanti comporteranno sicuramente spese esagerate per la bonifica delle circa 40mila tonnellate stivate nei vecchi capannoni. «Semplicemente si passerà dai 120 euro a tonnellata a quasi 750; una bella differenza - osserva amaro Bigioli -. Servirà una montagna di denaro, e chi lo sborserà? Ci stiamo interrogando su quando sarà possibile liberare questo territorio da un veleno che sta già scendendo nell’Oglio, e che se dovesse verificarsi un’alluvione catastrofica causerebbe una contaminazione in grado di inquinare persino il lago d’Iseo». Come valutate l’ipotesi di lasciare sul posto le scorie realizzando un grande sarcofago simile a quello creato anni fa per «nascondere» gli altrettanto pericolosi veleni lasciati qui dall’Ucar Carbon? «Fortunatamente possiamo contare sul parere decisamente contrario dell’Arpa - risponde il portavoce -. I tecnici dell’Agenzia chiariscono che in quel luogo non si potrà mai fare nessuna discarica perché l’area industriale, incuneata tra la confluenza dell’Allione nell’Oglio (alcuni fabbricati sono quasi sugli argini del torrente da una parte e dall’altra del maggiore corso d’acqua della valle), si troverebbe in una situazione di gravissima criticità in caso di esondazione. Per cui - conclude l’esponente dei gruppi ambientalisti -, semplicemente pretendiamo che i materiali vengano smaltiti in modo corretto, magari , come sostiene qualche esperto, prima processandoli in posto, per poi inviarli in un luogo dove possano essere custoditi in totale sicurezza». •.

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