BRESCIA INSOLITA

Storie di alberi: l'usanza di «piantare il maggio» e gli altri riti arborei nel Bresciano

di Marco Tiraboschi
Dalla vocazione contadina della nostra provincia nascono una serie di tradizioni arcaiche, legate soprattutto al culto della natura, della fertilità e della rinascita
Un dipinto che rappresenta il palo della cuccagna
Un dipinto che rappresenta il palo della cuccagna
Un dipinto che rappresenta il palo della cuccagna
Un dipinto che rappresenta il palo della cuccagna

Le tradizioni contadine del territorio bresciano sembrano oggi un ricordo lontano, sbiadito, come le vecchie fotografie dei bisnonni o dei trisavoli accartocciate e dimenticate in qualche cassetto o vecchio album dalla pesante copertina demodé.

Personaggi rigidamente in posa in attesa della lunga esposizione che l’obiettivo allora necessitava, in una di quelle rare occasioni in cui tutta la famiglia si recava a farsi fotografare.  Eppure la nostra terra ha vocazione agraria: fin dall’epoca romana la centuriazione ha diviso la pianura in un fitto reticolo di appezzamenti ancora oggi visibili e utilizzati, un intrico di confini che hanno preso il posto delle sterminate foreste.

La natura, bene comune da cui l’uomo può trarre sostentamento nel suo rispetto, diventa spazio delimitato dal concetto di proprietà di massimo sfruttamento e resa. Lo stesso concetto viene applicato tra esseri umani nel passaggio dalla cooperazione sociale allo sfruttamento di altri individui per ottenere il massimo profitto.

I rituali

Nel contesto delle prime comunità rurali nascono una serie di rituali arcaici legati soprattutto al culto della natura, della fertilità e della rinascita. Questi rituali si svolgevano soprattutto in primavera, periodo dell’anno dalla valenza fortemente simbolica che vedeva nell’esplosione vegetativa della natura il rinnovarsi di un ciclo di morte e rinascita. I nostri antenati romani festeggiavano i «floralia», feste licenziose e colorate  dedicate alla fecondità che prevedevano anche spettacoli di mimo dove le prostitute si spogliavano in pubblico.

Nel folklore bresciano sono sopravvissute nei secoli diverse usanze legate al culto della natura anche se adattate all’epoca cristiana. Una delle più diffuse era l’usanza di «piantare il maggio»: durante una notte di maggio i giovani del villaggio segavano un grande albero per piantarlo in mezzo alla piazza. Nella notte successiva si lasciavano andare a balli scatenati e scherzi.

A Cigole, dopo aver piantato «il maggio» c’era la notte dei «macc», dei matti, dove i giovani toglievano le ante alle finestre delle ragazze del paese e le ammucchiavano in piazza.  Toglievano i cancelletti dagli orti e portavano le grosse macine per l’olio di lino nei pressi  dell’albero.

Anche a Rudiano nella «notte dei matti» oggetti venivano fatti sparire dalle cascine per essere appesi all’albero del maggio. Queste usanze erano diffuse in tutta la provincia, dalle valli alla pianura, rientrando nel tipo di riti definiti «arborei». Anche l’usanza dell’abete natalizio fa parte di questa ritualità e, indirettamente anche quella di accendere grandi fuochi bruciando simbolicamente il legno.

A Vione la notte di natale veniva issato sul campanile della chiesa un albero che era precedente stato tagliato e decorato in segreto, un segreto che veniva «rivelato» solo dopo la mezzanotte.

A Polaveno si accendevano grandi falò sulle colline vicine e si facevano scendere a valle su funi metalliche per scaricare la legna dai boschi, così fasci di legna infuocati tracciavano lunghe scie luminose nella notte.

A Bovegno, in chiesa, le donne ornavano i sepolcri con delle piantine di frumento, simbolo di Demetra, dea delle messi ma anche dea di morte e resurrezione.  L’uso dell’«Albero del maggio» è per alcuni poi confluito nel tradizionale «Albero della cuccagna», rappresentazione stilizzata dell’antico culto. Alla fine del XIX secolo i socialisti istituiscono la festa dei lavoratori che diventa curiosamente un colorato mix di tradizione popolare e impegno sociale, messo poi a tacere dal fascismo durante il ventennio. 

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