Soccorso alpino,
un altro anno
in prima linea

di Cinzia Reboni
L’impiego dell’elicottero è stato reso necessario in 205 occasioni
L’impiego dell’elicottero è stato reso necessario in 205 occasioni
L’impiego dell’elicottero è stato reso necessario in 205 occasioni
L’impiego dell’elicottero è stato reso necessario in 205 occasioni

Fatalità, montagne sempre più affollate e soprattutto imprudenza nell’affrontare escursioni e sport estremi.

Una miscela esplosiva sempre più complessa da disinnescare per le istituzioni chiamate a gestire l’emergenza-urgenza nei luoghi più impervi. Lo dimostra il bilancio operativo 2015 del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico. I tecnici delle quattro Delegazioni del Cnsas che operano in Lombardia (Bresciana, Orobica, Valtellina-Valchiavenna e Lariana) hanno affrontato complessivamente 1.274 interventi di soccorso, 119 più del 2014 e con un incremento negli ultimi 7 anni del 31%.

A LIVELLO PROVINCIALE, sono state in totale 241 le operazioni effettuate nel Bresciano (227 di soccorso alpino, 13 di ricerca e una di protezione civile), e 250 le persone soccorse a vario titolo: 158 i feriti, 57 gli illesi, 7 i dispersi e 28 i deceduti. Ingente lo spiegamento di forze: 983 i soccorritori intervenuti, spesso in ambiente ostile e impervio. L’elicottero resta il mezzo più utilizzato (205 missioni), da solo oppure abbinato all’intervento delle squadre territoriali, che hanno un ruolo chiave nell’assistenza sul campo alle persone in difficoltà, anche nei punti più critici e con qualsiasi condizione meteorologica o ambientale.

«La crescita degli interventi - spiega Pierangelo Mazzucchelli, coordinatore della V zona Bresciana del Cnsas - è dovuta principalmente al fatto che negli ultimi anni sono aumentate le persone che frequentano la montagna, anche se l’imprudenza gioca sempre un ruolo preponderante». Le cause degli interventi - secondo il report del Cnsas presentato in questi giorni - sono dovute principalmente a cadute (92), malori (48) e perdita di orientamento (14). Relativamente pochi (il 3,7%) gli interventi dovuti ad «incapacità», anche se si registrano 4 «sfinimenti», causati probabilmente da mancanza di preparazione adeguata durante performance al di sopra delle proprie possibilità.

«Il turismo “fai da te“ in montagna non fa che aumentare i fattori di rischio - rimarca Mazzucchelli -. Complice la crisi, c’è una dilagante “improvvisazione“ nell’affrontare escursioni o sport estremi. Ma il fatto di non affidarsi a persone esperte e qualificate, in un ambiente come la montagna di per sé già a rischio, non fa che mettere a repentaglio la sicurezza di tutti».

IL NUMERO MAGGIORE degli infortuni, sempre secondo il report 2015, riguarda attività come l’escursionismo (64) e lo sci in pista (23), durante il lavoro (17), la ricerca di funghi o le gite in mountain bike (9 interventi in entrambi i casi). Ma anche nel segmento dell’alpinismo (7 interventi), dell’attività venatoria e nelle ferrate (5), il soccorso alpino ha dovuto fare gli straordinari. «Gli interventi di soccorso prevedono sempre elevate tecnicità, ma noi siamo addestrati per questo - conclude Mazzucchelli -. I nostri operatori sono altamente specializzati e seguono una formazione continua. L’intervento più complicato è invece quello della ricerca: ci sono troppe incognite, e non sappiamo mai a cosa andiamo realmente incontro. Senza tener conto che necessita sempre di un numero elevato di personale».

A livello regionale, la delegazione Bresciana è quella che ha effettuato meno interventi - 382 quelli compiuti da Valtellina-Valchiavenna, 371 dalla Lariana e 280 dalla Orobica -, ma è una dinamica condizionata dalle dimensioni del territorio presidiato, dalla presenza di punti di interesse per escursionisti e alpinisti, e anche dalle condizioni climatiche.

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