IL DELITTO DI MARCHENO

«Mario Bozzoli è stato ucciso così: un agguato, poi nel forno»

di Mario Pari
Le motivazioni della condanna all'ergastolo del nipote dell'imprenditore, Giacomo Bozzoli. Dalle telecamere orientate su «punti morti» , agli orari, fino ai «depistaggi»
Giacomo Bozzoli condannato all'ergastolo per la morte dello zio Mario
Giacomo Bozzoli condannato all'ergastolo per la morte dello zio Mario
Giacomo Bozzoli condannato all'ergastolo per la morte dello zio Mario
Giacomo Bozzoli condannato all'ergastolo per la morte dello zio Mario

«Un agguato, poi nel forno: questa la fine di Mario Bozzoli». L’omicidio dell’imprenditore di Marcheno, secondo la corte d’assise di Brescia, è stato commesso così da Giacomo Bozzoli avvalendosi della complicità dei due operai addetti al forno, Giuseppe Ghirardini e Oscar Maggi e, sempre secondo la corte - a voler accreditare l’ipotesi loro più favorevole -«grazie alla connivenza di Aboagye Akwasi e del fratello Alex».

Ora però nelle motivazioni della sentenza sull’omicidio di Mario Bozzoli, è possibile leggere perchè e in che modo sarebbero avvenuti omicidio depistaggi e soprattutto come si è arrivati alla condanna al massimo della pena del nipote della vittima.

Leggi anche
Processo Bozzoli, Giacomo condannato e Adelio incredulo: «Non me l’aspettavo»

Perché è infondata l'ipotesi dell'allontanamento volontario e del suicidio

Di Mario Bozzoli si sono perse le tracce l'8 ottobre 2015 ed è stato visto l’ultima volta alle 19.15. Secondo la corte d’assise, presieduta da Roberto Spanò si può parlare d’«infondatezza delle ipotesi dell’allontanamento volontario e del suicidio» perchè era sparito «nel nulla» senza lasciare traccia. E poi: «La presenza degli abiti di ricambio negli spogliatoi e dell’auto parcheggiata nel cortile della fonderia mal si sposava con l’eventualità di una scelta deliberata» e «il mancato rinvenimento del cadavere si poneva poi in aperto contrasto con l’ipotesi dell’atto autolesionistico».

Mario Bozzoli morto assassinato poco dopo le 19.15 dell'8 ottobre 2015

Per queste e altre ragioni la corte ritiene che «è dunque possibile dare risposta ai primi due quesiti formulati dalla difesa: Mario Bozzoli è morto assassinato all’interno della ditta di famiglia poco dopo le ore 19.15 dell’8 ottobre 2015» e «iI fatto che il muletto sul quale si trovava la vittima fosse ancora acceso fa propendere per un agguato teso in prossimità del reparto fusione».

Le telecamere davano su punti "morti"

Tra quanto considerato nella ricostruzione in ottica accusatoria ci sono anche le telecamere e il cambio di direzionamenti rilevati dagli investigatori. «La notte della scomparsa - è riportato nelle motivazioni - tanto i carabinieri che le persone accorse in fonderia hanno constato non senza sorpresa, che alcune delle telecamere installate all’interno della ditta “davano su punti- apparentemente - morti“ anzichè essere direzionate in luoghi strategici».

Per questo, è convinzione della Corte d’assise, che «il processo è stato dunque privato di un fondamentale elemento conoscitivo in grado di dipanare agevolmente il mistero che avvolgeva la vicenda investigata».

Su questo tema «in conclusione, deve considerarsi appurato che le telecamere, posizionate e mantenute nel tempo dal tecnico Boldoni in posizione di default , siano state "orientate su punti morti" della fonderia in epoca prossima alla scomparsa di Mario Bozzoli allo scopo di impedire di immortalare quanto sarebbe avvenuto la sera dell’8 ottobre 2015.L’impianto di videosorveglianza era gestito dai soli Alex e Giacomo Bozzoli».

Nelle 270 pagine in cui sono raccolte le motivazioni della sentenza si passa poi a due temi particolarmente rilevanti: la «fumata anomala» e «l’orario della scomparsa e il depistaggio».

Una consapevole opera di depistaggio

Pesante la valutazione su quanto emerso: «La corte rileva come nel ricomporre il quadro degli accadimenti della sera dell’otto ottobre non sia possibile incastrarvi - se non in ottica colpevolista - gli elementi forniti dalle persone presenti in loco al momento del fatto (ossia di coloro coinvolti più o meno direttamente nell’omicidio quali concorrenti, favoreggiatori o conniventi). L’incrocio tra le versioni rese da questi ultimi e i dati, inconfutabili, altrimenti acquisiti al processo, disvela l’esistenza di una consapevole opera di depistaggio».

Si è cercato «di oscurare la possibile connessione tra la scomparsa e la "fumata anomala"».

E «vi è poi la prova che Giacomo abbia ricostruito i suoi spostamenti nella sera della scomparsa non sulla base di un ricordo genuino, ma li abbia sagomati su quanto risultava (erroneamente) in origine dalle carte processuali, come del resto egli stesso ha candidamente ammesso in udienza». Giacomo «ha retrodatato di 7 minuti l’orario d’ingresso dell’autista senza accorgersi che la successione temporale riportata erroneamente in origine» in seguito «era stata corretta».

La perizia ha dimostrato che il corpo può essere stato distrutto nel forno

Quindi il forno: in questo contesto ricopre notevole rilevanza l’esperimento giudiziale compiuto con un maialino collocato in un forno fusorio di una fonderia.

I giudici spiegano che «la perizia avvalorata dall’esito dell’esperimento giudiziale avvenuto alla presenza della corte e delle parti processuali - contraddicendo le argomentazioni spese dai consulenti dell’accusa e della difesa - ha dimostrato che il corpo di Mario Bozzoli può essere stato distrutto nel forno».

Suggerimenti