brescia insolita

Ottorino Rosa e Rimbaud, un racconto che parte da Iseo e arriva in Etiopia

di Marco Tiraboschi
Cosa lega il commerciante di Iseo, nipote dello storico Gabriele Rosa, a uno dei più importanti poeti della storia? La storia ci porta ad Harar, in Africa
Una fotografia scatta da Ottorino Rosa a Mariam, compagna etiope di Arthur Rimbaud
Una fotografia scatta da Ottorino Rosa a Mariam, compagna etiope di Arthur Rimbaud
Una fotografia scatta da Ottorino Rosa a Mariam, compagna etiope di Arthur Rimbaud
Una fotografia scatta da Ottorino Rosa a Mariam, compagna etiope di Arthur Rimbaud

Il viaggio, soprattutto se senza meta o con una vaga destinazione, è ancora uno degli strumenti di conoscenza più potenti che esistano. In viaggio le cose si definiscono mentre accadono, tra incontri, scoperte e grandi spazi di riflessione, l’individuo si scopre, si misura, si confronta con il mondo. Il viaggio ha da sempre valore iniziatico e formativo testimoniato a partire dalle prime narrazioni scritte dell’antichità: da Gilgamesh all’Odissea per arrivare ai Grand Tour sette-ottocenteschi inaugurati da Goethe e Lady Mary Montagu, amante del territorio Bresciano. Proprio grazie ai viaggi c’è un filo rosso che collega in qualche modo Brescia al mondo della grande poesia, come quello che collega un commerciante di Iseo, Ottorino Rosa, nipote dello storico Gabriele Rosa, a uno dei più importanti poeti della storia: Arthur Rimbaud.

È noto che Rimbaud ha rivoluzionato il mondo della poesia grazie alle sue geniali sperimentazioni linguistiche in versi liberi e prosa e per aver ideato un sistema sinestetico di organizzazione dei suoni vocali. È anche nota la sua gioventù dedicata alla dissolutezza più assoluta e al burrascoso rapporto omosessuale avuto con il collega Paul Verlaine concluso a colpi di pistola. Nonostante la sua riconosciuta genialità, a soli ventuno anni ha deciso di lasciare la precedente vita alle spalle, poesia compresa, partendo per lunghi viaggi senza destinazione precisa che lo hanno portato a vivere una vita avventurosa della quale non si è saputo molto fino a parecchi anni dopo la sua morte. Un’esistenza avvolta nel mistero che ha contribuito a creare, o costruire scaltramente dai biografi, il mito del «poeta maledetto».

Dopo essere stato in Italia, nel Regno Unito, e in Germania, sempre all’avventura, vivendo di espedienti e facendo lavori di fortuna, si è recato a Cipro, in Egitto e poi in Abissinia, dove finalmente si è stabilito per un periodo più lungo ad Harar. A far luce su questo periodo oscuro della sua vita sono stati indispensabili le pubblicazioni di Ottorino Rosa, suo amico e coetaneo, le sue fotografie e anche gli appunti ritrovati dopo la sua scomparsa. I due in quel periodo avevano un’attività tutt’altro che etica: quella di commercianti di armi. È stata smentita invece la diceria che commerciassero in schiavi.

Celebre è il ritratto fotografico, fortunatamente giunto fino a noi, fatto da Ottorino Rosa a Mariam, la bella compagna etiope di Rimbaud, con la quale ha vissuto dal 1884 al 1886 e che alcuni sostengono gli abbia dato un figlio. A Mariam, che è cattolica e parla uno stentato francese, Rimbaud ha imposto un’educazione occidentale, si è dimostrato intenzionato a sposarla, ma dopo qualche anno l’ha abbandonata malamente lasciandole qualche spiccio. È probabile che la sua condotta non fosse diversa da quella tenuta dal grande giornalista Indro Montanelli che, di stanza in Abissinia, si era trovato una «sposa bambina» in cambio di pochi soldi. Rosa racconta anche un’episodio, avvenuto precedentemente a Cipro, nel quale il poeta ha, a sua detta, accidentalmente ucciso un operaio colpendolo con una pietra. Personaggio violento e inquieto, ha condotto una vita contraddittoria tra genio creativo ed egoismo sfrenato, costantemente ossessionato dall’idea di movimento che sfogava nel viaggio. Torna in Francia solo nel 1891 per concludere la sua vita che può essere riassunta in queste sue parole da «Una stagione all’inferno»: «La mia giornata è finita; abbandono l'Europa. L'aria marina mi brucerà i polmoni, i climi sperduti mi abbronzeranno».

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