Talento Boris, «Core ’ngrato» acquisito

di E.ZUP.
Visionarietà, spregiudicatezza, umorismo nella musica di Savoldelli
Visionarietà, spregiudicatezza, umorismo nella musica di Savoldelli
Visionarietà, spregiudicatezza, umorismo nella musica di Savoldelli
Visionarietà, spregiudicatezza, umorismo nella musica di Savoldelli

Vento del sud, orizzonti (sonori) aperti verso il mondo: Boris Savoldelli ha sintonizzato le sue funamboliche doti di contorsionista vocale eclettico e calamitato alla sperimentazione su frequenze dai toni più minimali e notturni, per ricercare l’essenza e l’essenzialità della canzone napoletana, stravolgendola quanto basta attraverso un intenso viaggio fra atmosfere jazz e universi confinanti, cui Corrado Guarino ha messo il punto esclamativo pennellando al pianoforte. Visionarietà, spregiudicatezza, umorismo, sensibilità timbrica e improvvisativa: il risultato è «Core ’ngrato», itinerario eccentrico nel repertorio classico partenopeo, rielaborato «con grande rispetto ma senza timori reverenziali», per proiettare nel futuro frammenti di classicità ultrapopolare, da «Malafemmena» a «Tammuriata nera», dal sole del Golfo alle sfuggenti penombre di club metropolitani. PRIMA produzione targata DataZero – progetto nato da un’idea di Alberto Mondinelli, poi plasmata grazie all’incontro con Leonardo Pavkovic, ideatore dell’etichetta newyorkese Moonjune Records e da sempre produttore di Savoldelli - il disco osa dunque oltre la trappola del già sentito, privilegiando un’interpretazione ironica e straniata, con l’effetto di trasportare altrove le appassionate melodie partenopee, «nelle cui pieghe si annidano anche spazi per la libera improvvisazione e spunti per composizioni originali». A sottolinearlo sono gli stessi Savoldelli e Guarino (suoi gli arrangiamenti), in prima linea nel quintetto completato da Guido Bombardieri (sax alto e clarinetto), Tito Mangialajo Rantzer (contrabbasso) e Stefano Bertoli (batteria), storici sodali di Guarino. L’alchimia c’è e si sente: quando s’arrampica su una «Scalinatella», fra Napoli Centrale e reminiscenze sudamericane in dissolvenza, con la voce di Boris a evocare, così come in frammenti a ritroso nei secoli, fino al cuore dell’epoca romantica, per rintracciare echi di «Cicerenella» riassemblati alla Quintorigo; o poco più in là nell’ultimo guizzo di «Te voglio bene assaje», che chiude il lavoro scivolando lungo le trame di un ritornello che le massaie napoletane cantavano alla metà dell'Ottocento. Nell’album anche un paio di composizioni originali: «Cicerenella nordica» e «Assaje Assaje», frutto di un percorso che ha visto Savoldelli misurarsi con la dizione napoletana supportato dalla «paziente e impagabile Rosalba Alinei, nella speranza che il suo lavoro per convertire un bresciano doc all’idioma napoletano non sia stato del tutto vano». Come avverte Vincenzo Martorella nelle note di copertina, «per slalomeggiare tra Totò, e (un presunto) Donizetti, Orlando di Lasso e la misteriosa anima popolare napoletana, tra miseria e nobiltà, amori lascivi e nascite inattese, finestre malandrine e lievi espressioni grevi, ci vuole un lessico moderno e apocrifo. E grandi idee». Che qui non mancano. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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