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«Il problema dei 3 corpi» e la ricetta sci-fi di Netflix

di Luca Canini
letterboxd.com/rivbea79/
Disponibili anche in Italia gli otto episodi del remake della serie cinese tratta dai romanzi dello scrittore Liu Cixin: alieni, cospirazioni, agenzie governative segrete, guerre dei mondi e il classico meccanismo alla «Lost»

C’è una serie di cui tutti parlano e che tutti stanno vedendo. La serie del momento, la più vista su Netflix da un paio di settimane, il titolo calamita alla cui forza di attrazione nessuno riesce a resistere. «Il problema dei 3 corpi» ha fatto il pieno di clic e un po’ a sorpresa è diventata il feticcio da divano non solo del variopinto popolo dei nerd e dei frequentatori abituali del pianeta sci-fi, ma anche dello spettatore medio, quello che di solito non va oltre la home page delle piattaforme alle quali è tristemente abbonato e che è sempre pronto a masticare qualsiasi cosa gli venga propinata dai giganti dello streaming. Un delirio in piena regola, insomma, con tanto di immancabili ed estenuanti dispute social sul senso di questo e sul perché di quello, sul personaggio X, sulla sequenza Y, sul finale e via di seguito. Ma d’altronde il multiverso del digitale funziona così: tutto e subito, poi il nulla. Binge and forget, abbuffati e dimentica. Poco da stupirsi quindi che un carrozzone fantascientifico con targa cinese, una specie di remake di una serie tratta dai romanzi di Liu Cixin (tradotti in italiano da Mondadori), viaggi spedito verso numeri da record.

Qualche coordinata
Se siete tra i pochi che ancora non ci hanno messo piede, il modo più veloce per spiegarvi dove siamo è tirare in ballo «Lost», la madre di tutte le serie basate sulla totale sospensione dell’incredulità e sul rilancio continuo. Da allora figli e figliocci dei sopravvissuti all’incidente del volo 815 della Oceanic Airlines e al progetto Dharma, sembra ieri ma sono passati vent’anni, hanno preso possesso dei piccoli schermi di tutto il mondo. Pensate a cose tipo «Inverso», «1899», «Dark», «Severance», Fringe» o «Humans». Ci siamo capiti, no? Alieni, complotti, cospirazioni, agenzie governative segrete, presenti, passati e futuri distopici, guerre dei mondi, tecnologie avanzatissime: «Il problema dei 3 corpi» si nutre senza vergogna di un immaginario tanto eterogeneo quanto improbabile, saturando gli spazi narrativi e visivi con insaziabile bulimia. Il contatto tra gli abitanti della Terra e una civiltà aliena in cerca di un pianeta da colonizzare, facilitato da una fisica cinese negli anni della rivoluzione culturale, diventa così il pretesto per una sfiancante rincorsa al classico finale irrisolto che lascia spalancata la porta alla seconda stagione. C’è del buono, è vero, qualche personaggio è più riuscito di altri (su tutti Liam Cunningham/Thomas Wade), e in alcune vicende private viene voglia di perdersi; ma nel complesso, effetti speciali a parte (ottima l’idea del visore e del videogame in realtà 1:1), la sensazione dopo i titoli di coda dell’ottavo episodio è quella di avere mangiato troppe schifezze alla festicciola di compleanno di un piccolo Christopher Nolan. Prendetela come viene, ma per carità non parlate di capolavoro. Binge and forget, abbuffati e dimentica. In perfetto stile Netflix.

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