Di Martino, il succo
d’uva e la
bio-agricoltura

Enrico Di Martino, 34anni, titolare della cantina Cascina Belmonte
Enrico Di Martino, 34anni, titolare della cantina Cascina Belmonte
Enrico Di Martino, 34anni, titolare della cantina Cascina Belmonte
Enrico Di Martino, 34anni, titolare della cantina Cascina Belmonte

Di solito gli articoli partono raccontando lunghe storie di famiglia, il nonno che faceva quel lavoro, il padre pure. Non è il nostro caso. Enrico Di Martino è un agricoltore di prima generazione. Ha mollato giurisprudenza, si è iscritto ad agraria e ora gestisce Cascina Belmonte, un’azienda vinicola che si trova a Muscoline, poco distante dal lago di Garda. Per lui l’agricoltura può salvare il mondo. «Carlo Petrini lo dice da anni – racconta Di Martino, imprenditore agricolo di 34 anni -. Viviamo in un mondo in cui praticamente le foreste vergini non esistono più e l’uomo sta mettendo le mani ovunque. Il metodo tradizionale di fare agricoltura porta alla creazione di deserti senza vita: si identifica il territorio da coltivare e si pianta a perdita d’occhio, eliminando, se possibile, qualunque altra forma vivente. Quattro colture - mais, riso, frumento e patate - coprono una superficie enorme del pianeta. In effetti anche le vigne sono un esempio di desertificazione agricola: grandi estensioni di monocoltura, dove la terra viene spesso diserbata e resa sterile con antiparassitari vari. E poi ci si lamenta se esplodono infestazioni che mettono a rischio in poco tempo tutta la produzione. In natura questo non accadrebbe, perché ci sarebbe un insetto antagonista pronto a contrastarlo. Ma l’uomo ha fatto il deserto, ha rovinato l’equilibrio, ha creato un ecosistema fragile e così l’infestazione esplode incontrollata. Una situazione del genere in un bosco non si verifica, perché il bosco è un ecosistema complesso, forte, dove la biodiversità di piante, insetti e esseri viventi tiene tutto in equilibrio». Si distrae un attimo e accarezza l’erba alla base delle viti. Ecco cosa c’era di strano, ecco cosa mi sembrava dissonante in questa cascina. Questa vigna è «disordinata» l’erba è alta, verde, rigogliosa. «Ti sembra disordinata? - mi dice Enrico -. No, è solo una vigna viva. Sono i giardinetti perfetti, senza un filo d’erba fuori posto, i campi da golf ad essere innaturali: quello che per noi è un prato ordinato per una farfalla è un deserto. Il mio vino è biologico e non uso insetticidi – continua - non voglio che finiscano nel bicchiere o entrino nelle finestre del mio vicino di casa. Basta conoscere la biologia della natura per coltivare evitandoli senza problemi. Ad esempio una delle infestazioni più comuni della vite, dopo l’introduzione della chimica in vigneto, è il ragnetto rosso, che punge le foglie per nutrirsi, danneggiandole e facendole diventare rosse. Invece di agire con un antiparassitario, ho messo nei vigneti degli esemplari di Phytoseiulus persimilis, un altro tipo di ragno che si ciba del ragnetto rosso. Attorno ho piantato siepi e fiori produttori di polline, perché il ragno antagonista avesse di che nutrirsi e un posto dove trovare rifugio e riprodursi. Un’altra infestazione comune è causata dalle cicaline della vite, cicadellidi grosse come una capocchia di spillo che aspirano la linfa dalle venature della foglia. Anche in questo caso c’è un insetto – l’Anagrus Atomus - che individua le uova della cicalina, vi impianta le proprie e combatte il parassita senza dare fastidio alla vite. La natura ci dà le soluzioni che ci servono». A Cascina Belmonte si coltivano principalmente Riesling, Rebo, Barbera e Groppello e la novità è d’Uva, il primo succo d’uva al mondo pastorizzato a freddo. «Mentre producevo il vino assaggiavo il mosto e mi sembrava così buono che volevo ricreare lo stesso sapore nel bicchiere – racconta -. Ho provato con la pastorizzazione ad alta temperatura, ma il prodotto virava completamente. Così quattro anni fa è iniziata la ricerca e ora, per produrre il d’Uva, mi affido ad una tecnica chiamata pascalizzazione, che permette di sterilizzare, eliminando le forme viventi - come batteri, lieviti o muffe - tramite una pressione sul mosto di 5000 bar. Questa tecnologia di solito viene utilizzata per trasformare il carbone in diamante, ad esempio per produrre punte diamantate per tagliare i vetri. Applicando la pastorizzazione a freddo al mosto si ottiene un succo che mantiene tutte le qualità organolettiche e nutrizionali del succo d’uva appena spremuto e con lo stesso sapore». Per Enrico l’agricoltura è prima di tutto condivisione sociale, quindi, sostiene da tempo il Wwoof, un movimento mondiale che mette in contatto volontari e ragazzi che vogliono vivere un'esperienza agricola. «Siamo tutti tra i 20 ai 35 anni che condividono lo stesso sogno: cambiare il modo con un nuovo modo di fare agricoltura». Benvenuti agricoltori di prima generazione.

 

Annalisa Cavaleri  CRITICO ENOGASTRONOMICO

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