Fernando, la sardina
del lago d’Iseo
e lo chef Fusari

La sardina del lago d’Iseo in un piatto dello chef Vittorio Fusari
La sardina del lago d’Iseo in un piatto dello chef Vittorio Fusari
La sardina del lago d’Iseo in un piatto dello chef Vittorio Fusari
La sardina del lago d’Iseo in un piatto dello chef Vittorio Fusari

Prima che arrivasse l’artista Christo a costruire passerelle galleggianti verso Montisola, il lago d’Iseo aveva altri protagonisti. Oggi voglio raccontarvi la storia di uno di loro. Fernando Soardi ha 65 anni e fa il pescatore. Ma non ha sempre fatto il pescatore. Quando era piccolo sì, per divertimento: quando finiva la scuola, mentre tutti i suoi amici andavano a giocare a pallone, lui seguiva il nonno Egidio che pescava sul lago d'Iseo. Poi la pesca è stata chiusa in un cassetto, come un sogno dimenticato. Fernando è diventato grande, si è diplomato ragioniere, ha iniziato a lavorare in ufficio. Una figlia, poi un'altra. Tutto tranquillo. Posto sicuro e vita pacifica. Poi d'un tratto un'illuminazione. E' lì, seduto alla sua scrivania, come al solito. L'orologio ticchetta ritmicamente e fuori il cielo è quasi tutto scuro. Un pensiero potente, da squassare il cuore: «Voglio tornare a fare il pescatore». Si alza e corre a casa. Vuole dirlo subito a sua moglie. Apre la porta tutto trafelato. «Cara, voglio fare il pescatore!». Lei strabuzza gli occhi, diventa rossa e lo guarda come uno che ha perso il senno. Sai com'è... tuo marito che a 36 anni torna a casa e ti dice che vuole fare il pescatore non è proprio la notizia che ti aspetteresti mentre stai girando lo stufato. Il cucchiaio di legno cade sul pavimento con un suono sordo, sporcando di pomodoro le piastrelle lucide. Eppure è andata proprio così. E Fernando ha deciso di tornare a fare il pescatore. «Mi sono comprato una barca utilizzando tutti i risparmi che avevo messo via negli anni e facendo anche qualche debito - racconta -. Da lì ho iniziato, con passione e fiducia. Ero spaventato, anzi terrorizzato, ma è stato più forte di me. Quello del pescatore è un lavoro faticoso: certo, non faticoso come una volta, ma non è una passeggiata. Insomma, devi essere pronto ad affrontare la fatica fisica». E poi si perde nei ricordi, che custodiscono sapienza antica che non deve essere dimenticata. «Quando ero piccolo ricordo che mio nonno usava reti di seta, molto sottili e costose. Ogni pescatore ne aveva al massimo due. In dialetto le chiamavamo "lùf", che vuol dire lupo. Non so perché. Quello che so è che erano fragili, si spezzavano facilmente, e quando accadeva erano le donne del paese a rammendarle. Per prendere i pesci più grossi, invece, si usavano le reti in cotone, più robuste. Ricordo che le donne di Montisola le facevano bollire in grandi pentoloni di rame, insieme alle bucce delle castagne. Il tannino contenuto nelle bucce le colorava e le rendeva più scure e più resistenti. Le reti di cotone andavano sempre fatte asciugare bene dopo averle usate, altrimenti erano perse. Ricordo reti stese ad asciugare su ogni muretto». Tra i «frutti» più importanti della pesca, la sardina del lago d'Iseo, presidio Slow food dal 2012. Questo pesce viene sotto posto a un processo di lavorazione unico al mondo: essiccato, salato e messo sott'olio. In pratica si utilizzano in una volta sola i tre metodi più comuni di conservazione del pesce, solitamente utilizzati singolarmente. Una preparazione che nasce dall'astuzia dei pescatori per conservare a lungo le sardine, visto che la pesca era abbondante in inverno e più scarsa in estate. «La preparazione della sardina essiccata tradizionale del lago d'Iseo è molto lunga e laboriosa, ma si viene "premiati" con un prodotto ottimo - spiega Fernando -. Si prendono le sardine, si eviscerano e si lavano ad una ad una. Poi si mettono sotto sale per 36 ore, si lavano un'altra volta e si appendono all'aria con dei ganci. Devono essiccare per 30-35 giorni. Una volta secche, le sardine si dispongono a raggiera in un bidone in acciaio inox e si schiacciano con un torchietto a mano in modo da compattarle. Si lasciano a macerare per 5 o 6 giorni, dopo di che si ribalta il bidone in modo da far uscire il grasso. A questo punto si coprono di olio e si lasciano macerare per almeno 5 mesi. L'ottimo si raggiunge quando le sardine "riposano" per 8 mesi. In tutto questo tempo le carni del pesce passano da rosse a color nocciola, acquistando sapidità e sapore». Tra i ristoratori che da sempre utilizzano questo prodotto c'è Vittorio Fusari, chef che oggi cura la cucina del Pont de Ferr di Milano, ma che non ha dimenticato la sua terra. «Uso la sardina essiccata del lago d'Iseo perché è prodotto perché dà valore al lavoro dei pescatori: essendo un prodotto conservato può essere venduto durante tutto l'anno, garantendo così uno stipendio costante ai pescatori, anche nei periodi in cui la pesca è proibita - spiega Fusari -. In questo modo i pescatori non sono spinti ad andare a pescare di frodo perché il prodotto è conservato e possono venderlo comunque. In questo modo loro hanno una remunerazione sicura e noi salviamo il nostro lago, che ha il tempo di "ripopolarsi". Un vero artigiano fa il proprio mestiere preservando l'ambiente che lo circonda perché sa che la sua vita dipende dal rispetto degli equilibri della natura: un vero artigiano sa bene che se depaupera l'ambiente l'anno dopo non potrà vivere. Prodotti come questo sono un vantaggio per tutti». Il finale più bello per questa storia? Andrea, il figlio di Fernando, 32 anni, ha deciso di lasciare il lavoro di perito elettronico per seguire il papà. «Fare il pescatore è un lavoro duro, ma sono felice che mio figlio abbia preso questa decisione, perché lo fa per passione - conclude Fernando -. A volte si devono fare i conti con condizioni climatiche estreme, come il vento forte, la pioggia, il freddo. Ma poi ci sono sere in cui sono lì, da solo, sulla mia barca in mezzo all'acqua scura, nel silenzio più assoluto. Ci siamo solo io e il lago. E lì capisco di aver fatto la scelta giusta».

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