INTERVISTA

Adelaide Corbetta

di Gian Paolo Laffranchi
«Dai musei alle pinacoteche l'arte sa creare benessere»

Progettare, comunicare, fare. I piani migliori nascono così, come un canestro spettacolare in terzo tempo. La sequenza virtuosa di chi pensa, agisce, riesce. Chiaro, maturare competenze che riempirebbero una decina di curriculum aiuta nell’impresa. Presidente di The Circle Italia (onlus che sostiene i diritti delle donne e l’uguaglianza, con un folto gruppo di socie bresciane) così come responsabile della comunicazione della Pinacoteca Tosio Martinengo a Brescia e dell’Accademia Carrara a Bergamo (mai così vicine in vista del 2023, che vedrà le due città unite come capitale della cultura), Adelaide Corbetta da piccola voleva fare la fotografa. Non solo, ma (decisamente) anche: lo attestano gli scatti sulla parete dello studio milanese arredato a sua immagine e somiglianza. Ecco Scianna e Toscani con Dondero e Berengo Gardin. Mendini ma anche Vincino perché il suo ingegno ha tante chiavi. Pensieri, parole e disegni: il primo vero amore, tuttora una grande passione. «In ogni famiglia c’è la nipotina artistica: nella mia ero io - sorride -. Non ho mai smesso di disegnare me stessa e i miei amici raccontando piccole e grandi storie con lo pseudonimo di DisegnAdi».

Esiste linguaggio più universale?
No. Nemmeno la musica lo è altrettanto. Purtroppo a scuola ti fanno imparare e poi, intorno ai 9 anni, ti invitano a disimparare.

Lei non ha dato retta.
Mi diverto, con metodo. Se disegno un concetto, sono convinta di farmi capire davvero.

In principio fu il liceo?
Sì, ma non il classico come avrebbe voluto la tradizione familiare: ho frequentato l’artistico Foppa, prima di laurearmi in storia dell'arte alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Pavia. Sono stata una studente fortunata perché i miei genitori mi hanno permesso di esaudire i miei desideri. Ho scelto l’artistico perché gli altri licei mi sembravano noiosissimi e storia dell’arte era l’unica materia che volessi studiare. Oggi i ragazzi hanno una quantità di opzioni per me terrificante, trent’anni fa era diverso e già l’artistico era una soluzione un po’ esotica... Ho avuto poi la buona sorte di trovare una professoressa come Chiara Basta, illuminante e luminosa.

Negli anni pavesi non si limitava a studiare: organizzava congressi universitari, ha co-fondato la rivista culturale Tono Minore...
Lavorando con quel gruppo di amici ho imparato cosa vuol dire correggere le bozze. Per questo oggi mi indigno di fronte a tanta cattiva stampa. Da allora ho fatto molte cose diverse, capendo che mi erano serviti anni per tornare a fare quello che avevo sempre voluto. Prima inconsapevolmente, poi scientemente.

È così che nel 2003 è nato adicorbetta? Uno studio «che fa convivere progetti e azioni in cui cultura, economia, costume e società possano incontrarsi».
L’idea è stata innanzitutto quella di specializzarsi nell’arte, ma presto ho sentito l’esigenza di ampliare gli orizzonti e nel 2011 ho fondato ruski duski con Veronica Ventrella, amica e compagna di studi, per spaziare dal design all'architettura, puntando in particolare sul made in Italy. Negli anni è cresciuto l’impegno verso la tecnologia e l’innovazione, con un'attenzione particolare rivolta alla sostenibilità e una competenza sviluppata nel mondo della salute, sostenendo battaglie come quella contro la diffusione dell’Hiv. Lo studio adicorbetta nel complesso è cresciuto moltiplicando le sue professionalità sotto il cappello della comunicazione.

Passa dalle lezioni nelle università alle direzioni artistiche, dalle pubbliche relazioni a podcast e blog sulle riviste: la maniera migliore per comunicare è diversificare?
Assolutamente. Io ho un problema: i mezzi di comunicazione mi piacciono tutti. Dai tamburi da stadio ai trimestrali, perfino. Ai miei nipoti regalo walkie talkie, per dire. Il concetto di trasversalità è fondamentale, ma in fondo è così da sempre. Chi più versatile dei creativi del ’500 che erano contemporaneamente scienziati, pittori, scrittori... Quando Leonardo da Vinci scriveva a Ludovico il Moro per proporsi, si diceva disposto a mettersi al servizio anche come ingegnere idraulico. Dopodiché ha ideato il sistema di dighe dei Navigli. Nessuna preclusione, a maggior ragione, nel 2022. 

Oggi tutto è più veloce.
Sì, ma non sopporto che si parli di nuovi media. Non mi risulta ne abbiano inventati altri dopo gli ultimi social, che sono quotidianità da tempo. Bello sarebbe intuire quali saranno quelli del futuro.

I diritti umani sono da sempre una sua priorità: nel 2012 ha creato allo scopo il gruppo di lavoro All, collaborando con il consulente di Barack Obama Stuart Milk; ha ideato campagne di sensibilizzazione e raccolte fondi contro la violenza sulle donne e il contagio da Covid; nel 2019 è passata da vice a presidente di The Circle Italia. Com'è nato il suo coinvolgimento in questa onlus?
Partendo da lontano, anche in questo è stata determinante la famiglia: provo profonda gratitudine per chi mi ha insegnato l'etica dell'impegno sociale, zero teoria e tanti ottimi esempi. Ho aiutato per anni Bambini Cardiopatici, nel Mondo Onlus, sono stata in missione in Marocco. Quando nel 2010 è approdato in Italia il gruppo di donne che Annie Lennox aveva messo insieme a Londra nel 2008, ispirata da un incontro con Nelson Mandela, sono stata subito coinvolta. Aiutiamo chi opera sul campo, affrontiamo problemi emergenziali come nel caso delle profughe ucraine, ma operiamo anche in prospettiva. Da volontaria faccio il mio mestiere, come tutte le socie di The Circle: è la nostra grande risorsa. In una decina d'anni abbiamo raccolto più di un milione e 400 mila euro.

La principale questione di genere?
Il riconoscimento del merito: l'unico modo di sciogliere ogni nodo di genere.

Franciacortina, di casa a Borno ma anche a Pantelleria, con lo studio a Milano. Ha l'animo del giramondo?
Ho viaggiato tanto. In Valcamonica ho passato l'infanzia, crescere dove puoi andare al paese da sola anche da piccola è qualcosa che ti resta dentro. Essere nata e cresciuta in Franciacorta, invece, per me ha significato anche veder crescere (e lavorare per questo, soprattutto all'interno del gruppo Terra Moretti) tutto un territorio in termini di imprenditoria e cultura del paesaggio. Da questa «trasformazione» ho imparato molto. Un po' del mio cuore, certo, è anche in Sicilia.

Per questo ha coprodotto Isabella, un cortometraggio che denuncia gli incendi a Pantelleria?
Ho fatto squadra con Salvatore Bongiorno e Carlo Di Pasquale, due talenti notevoli. Sentivamo tutti l'urgenza di documentare.

Da un anno collabora con Mirad'Or, il padiglione sul lungolago di Pisogne, con la direzione artistica di Massimo Minini. Dalla mostra di Daniel Buren a quella di Stefano Arienti. Ora il 2023 si avvicina: prossimo obiettivo?
Ho la fortuna di curare la comunicazione della Pinacoteca Tosio Martinengo e dell'Accademia Carrara. Ho iniziato a Bergamo, poi ho cominciato a collaborare con Brescia Musei. Voglio bene alla nostra pinacoteca, così elegante e contemporanea perché i capolavori dell'arte sono sempre contemporanei. Mi piacerebbe che i bresciani fossero orgogliosi di un museo tanto straordinario. E poi l'arte crea benessere, lo credo da sempre e adesso lo hanno dimostrato anche studi scientifici.

Come si definirebbe oggi Adelaide Corbetta?
Vorrei essere un ponte: tra notizie e divulgazione, tra cose belle e pubblico. Al servizio delle persone come il mio elemento architettonico preferito.

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