Antonio De Matola

di Gian Paolo Laffranchi
«A Ome capperi come a Pantelleria Il cambiamento climatico è già qui: impegniamoci tutti a salvare il pianeta»

Da Napoli a Ome, passando per Trieste. Una vita da marinaio, doveva essere. E invece. «Figlio di un orfano di guerra, mi sembrava logico arruolarmi e andare per mare come lui - racconta Antonio De Matola -. Ci fermammo a Trieste per un paio di giorni liberi e conobbi Maria, la mia Maria. Bresciana. Ci innamorammo e la raggiunsi, ci sposammo e dopo oltre mezzo secolo siamo ancora felici insieme qui, in Franciacorta, immersi nella natura». Così l’ufficiale di marina è diventato professore, ricercatore, filosofo ed esperto di botanica: alla sua passione, conoscenza e dedizione si devono gli orti botanici di Ome.
 

Insieme a sua moglie ha trasformato una discarica di inerti in un «Paradiso», nome perfetto per una località che pare un’altra dimensione. È un tesoro nascosto, qui. Tra conifere e bacche selvatiche la biodiversità è innanzitutto un sentimento?
Sì. Ogni giorno m’impegno a proteggere le specie. Non voglio che muoiano. Anche le piante che sopravvivono nelle zone calde del pianeta qui patiscono.

Si parla con insistenza del cambiamento climatico che ci aspetta, del mondo che sarà. Ma non è già avvenuto?
È sotto gli occhi di tutti. Qui coltiviamo limoni, bergamotto, mango, avocado. Maturano le banane, non ci crederebbe nessuno: l’ultima volta in cui accadde era il 1983, quando per la prima volta si raggiunsero i 40 gradi a Brescia. Qui oggi fruttificano pure i capperi, abbondantemente.

Ome come Pantelleria.
Esattamente. Dove ho la vigna ci sono un fico e quattro massi, la mia aula di filosofia. Invito ad osservare la scalata del fico nelle valli fredde: è diventato non solo endemico, ma anche invasivo. Fruttifica all’ombra! Il fico che non raccolgo oggi non posso mangiarlo domani: appassisce sulla pianta. L’escursione termica ormai è minima. Sì, i cambiamenti sono già avvenuti.

Un anno fa la spedizione partita dalla Franciacorta per ricercare in Kirghizistan i semi della Mela primigenia, la varietà più antica del mondo da trapiantare nell’Orto botanico, è stata un successo: siete tornati in Italia con un pieno di campioni della pianta con un dna risalente a 60 milioni di anni fa.
Una bella avventura davvero. Cinque donne e 4 uomini. Mi ha seguito anche lì la mia sposa, forte fra le forti: ha 76 anni, io 75, una gioia profonda fare cose con lei e con persone che stimo moltissimo. Mio obiettivo, divulgare la grandezza: l’ho fatto seguendo un eroe della scienza, una figura che mi ha spinto a scrivere un libro fra le lacrime più cocenti: Nikolaj Vavilov. Il più grande genetista del 19esimo secolo. Voleva far smettere di morire di fame il genere umano. Fu imprigionato da Stalin, morì miseramente in un gulag. Seguirne le tracce per me era un dovere. Posso almeno divulgare questa grandezza: affidare ai biologi del futuro quello che ho recuperato in quel viaggio. Eravamo andati per trovare una sola specie, ne abbiamo trovate 5 più un ibrido mai visto prima.

È vero che ha conosciuto Jim Morrison?
Sì. A Napoli, con mio fratello Giuseppe, grande musicista, sassofonista e polistrumentista: suonava per i marinai della sesta flotta di stanza lì. Il suo gruppo apriva per Jim Morrison. Quando lo dico in classe ai ragazzi sgranano gli occhi: «Davvero?». Ma io non capisco: non era questo granché d’uomo! Non uno scienzato, non un filosofo, non un letterato. Un artista inutilmente trasgressivo. A me piacciono il blues dei campi di cotone. E Mozart.

Chi le ha lasciato davvero qualcosa?
Tanti. Dal comandante Benucci sull’incrociatore Garibaldi al cartografo comandante Maugeri. Poi il docente di filosofia Valle, che mi ha insegnato l’arte della lettura di metodica e il processo di Socrate, introducendomi al pensiero ecologico. Il geobotanico Pirola, maestro che ho amato con tutto me stesso. Mi hanno guidato le opere di Hesse, Ippocrate, Aristotele, Dante, Popper, e gli studi sul Confucianesimo. Ecco: Confucio mi ha affascinato molto più di Jim Morrison.

Come le sembrano i ragazzi d’oggi: più informati e propositivi, come li ha descritti su queste colonne Nando Dalla Chiesa alla luce delle sue lezioni all’università?
La maggioranza dei giovani è straordinaria, nulla a che vedere con le minoranze deviate che commettono reati da branco, scarti del genere umano. Ho con me 12 volontari, persone degnissime che s'impegnano per la natura. Nonostante mi fidi dei giovani, però, ho un rimprovero da fare: il mondo non è mai stato pieno di potenzialità come oggi; non si rendono conto dell'occasione da cogliere? Vorrei capissero quanto il dovere della conoscenza sia più facile da compiere, grazie a Internet, rispetto a un tempo.

Coltiva ancora un sogno?
La natura è domestica, ha un disperato bisogno dell'uomo. Se si vorrà parlare di etica del futuro, amore, conoscenza e conservazione saranno le parole chiave: non si può amare niente senza conoscerlo... e non lo si può conservare se non lo si ama. Le generazioni che verranno potranno essere migliori, il mondo ne ha bisogno; ma l'estinzione della biodiversità è una nefandezza che peserà sulle loro spalle. Dobbiamo fare tutti la nostra parte per salvare il pianeta.

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