L'incontro della domenica

Battaini, Mainetti, Moneta

di Gian Paolo Laffranchi
«Teatro19 insieme da 19 anni: una comunità con un progetto che unisce l'arte al sociale»

Da 19 anni, Teatro19. Nel 2024 scatterà il ventennale, ma per Valeria Battaini, Francesca Mainetti e Roberta Moneta il traguardo che conta non può essere che questo: 2023, Capitale della Cultura. «Diciannove anni insieme. Non un ventennale, il diciannovale». La celebrazione di una realtà senza pietre di paragone, affiorata dalla scena: tre artiste - attrici, autrici, registe - per un progetto condiviso che spazia fra generi e ambiti diversi, proponendo un teatro «popolare, diffuso, senza muri, periferico», dando corpo a un’idea poetica e concreta insieme di comunità. Il gioco di squadra si è materializzato come un puzzle, di tessera in tessera. Risale nel suo compimento al 2004, quando Roberta e Valeria avevano già prodotto uno spettacolo per bambini e volevano produrne un altro: «Ci era stata riconosciuta la qualità del lavoro, decidemmo di fondare un’associazione». Roberta e Francesca si conoscevano dal ’90, un’amicizia nata da un corso di formazione al Ctb e maturata a teatro. Ancora il Ctb ha fatto conoscere Valeria e Francesca nel ’99, dopodiché Roberta ha conosciuto Valeria a una festa. Così è nato il trio.

Parola d’ordine?
Identità: la somma delle nostre professionalità si riflette in tutti i nostri progetti. In tre curiamo la direzione artistica, ma nell’associazione c’è una base solida con tanti volontari. E quest’anno abbiamo assunto una persona, Federica Cremaschi, per allargare il team.

La prerogativa artistica?
Teatro19 è nato realizzando spettacoli site-specific. Siamo partite dalle biblioteche, poi la Provincia ha promosso «Lunga strada a Pierpulcino»: 102 repliche nelle scuole materne ed elementari. Volevamo portare il teatro fuori dal teatro, in spazi inusuali, con scenografie smontabili e impacchettabili. Con «Voglio vivere così» andavamo a parlare di Costituzione in bicicletta nelle classi.

Un’idea di cultura dinamica e innovativa, vent’anni fa molto meno consueta di oggi.
Ci siamo guardate intorno e abbiamo cercato di capire dove c’era bisogno del teatro. Abbiamo intessuto rapporti con le istituzioni e abbiamo partecipato a progetti condivisi come Recovery.net e Oltre la Strada. La nostra impostazione è stare in stretta relazione con i luoghi della città e le persone che li abitano, con lo sguardo focalizzato su un prodotto artistico da realizzare in contesti sociali. «Fu ferita» parla di personaggi inventati sulla base di persone che davvero avevamo incontrato nel quartiere.

Teatro19 si è anche addentrato da tempo nel campo della salute mentale: collabora con i Dsmd di Asst Spedali Civili e Asst Franciacorta, e con Spedali Civili ha incontrato diversi partner per il progetto «Recovery.net – Laboratori per una psichiatria di comunità».
Durante i tre anni di percorso abbiamo acquisito metodologie che cercavamo per metterci in relazione con le persone grazie all’incontro con il dipartimento di design dei servizi del Politecnico di Milano, che ci ha consentito di sperimentare lavori di co-progettazione. A ottobre partirà la nostra rassegna Culture Care, organizzata con la cooperativa La Rondine e con la Fondazione Bosis di Bergamo. Raccoglierà diverse esperienze di teatro in tema di salute mentale. il teatro nato nei Cps cittadini e «piccole performance a domicilio» nel quartiere Primo Maggio dove ha sede La Rondine: lì abbiamo cercato di capire cosa potesse importante per persone che hanno disturbi di salute mentale; siamo partite con l’idea di fare una grande performance, una parata di strada come in passato, ma siamo approdate poi all’idea di fare «piccole performance a domicilio».

Coerenza nel cambiamento, diversificare senza snaturarsi: uno stile, una strategia?
Siamo tutte e tre attrici, di partenza. Ci siamo specializzate dividendoci i compiti, la parte amministrativa, la comunicazione, la drammaturgia. In ogni elemento del nostro lavoro c’è un progetto che ci accomuna. Ci siamo ritrovate ad imparare a fare tutto, ma il punto di partenza artistico rimane il cuore della nostra associazione. Ci confrontiamo anche su una lettera d’invito da spedire. Dove non arriva una arriva l’altra, con una disponibilità all’accoglienza reciproca. 

Se vi guardate indietro?
Siamo orgogliose di aver costruito il percorso di questi 19 anni attraverso una crescita di apprendimento che ha avuto un senso per noi e per chi ne fruisce. L'arte rischia a volte di essere un po' ombelicale: sentirci utili agli altri ci dà una grande soddisfazione che compensa difficoltà e pesantezze della quotidianità. Abbiamo fatto tante cose «a margine», con persone poco ascoltate, nelle periferie, e col tempo la proposta è diventata sempre più organica e compiuta, nella consapevolezza di una visione generale. Prodotti diversi, se vogliamo chiamarli così, nascono da una sola esigenza: fare il modo che l'arte e il sociale si nutrano a vicenda. Tutto è più interconnesso.

Per un periodo ogni proposta è stata definita sotto il cappello «Mutazioni».
Un seme che voleva permettere alla città di trasformarsi attraverso l'incontro, nell'arte. Adesso diamo un nome diverso ad ogni singola proposta, per attestare una varietà che va al di là del nostro unicum artistico.

Eventi territoriali, partecipativi, emersivi; spettacoli, corsi laboratori.
I nostri allievi sono soci volontari: vogliamo trasmettere l'idea che partecipare a un nostro laboratorio equivalga a far parte di un progetto più ampio e condiviso. Siamo un'associazione di promozione sociale con la cultura teatrale al centro. Un'associazione reale.

Nato in seno all'anno Capitale, Culture Care è un patto di coproduzione fra teatro, città e enti di cura, in collaborazione con Asst Franciacorta e Asst Spedali Civili di Brescia, che il mese prossimo darà i suoi esiti progettuali. Altre tappe all'orizzonte?
Per Bergamo-Brescia abbiamo fatto fino ad ora diverse cose. Oltre a Culture Care, sono in arrivo il trekking in Maddalena: passeggiate teatrali in novembre e in dicembre. Porteremo avanti il lavoro con la Compagnia dei Ragazzi e i laboratori. Due sono aperti e adatti a tutti, gratuiti, grazie alla sinergia con le Asst: giovedì mattina a Rovato e venerdì pomeriggio a Brescia. Nel settore della salute mentale il laboratorio Metamorfosi è diventato una compagnia teatrale integrata: professionisti, non professionisti che sono anche utenti dei servizi di salute mentale e studenti universitari tutti insieme. Con noi hanno collaborato attori che hanno abbracciato la nostra filosofia, partecipando al lavoro tutto l'anno, cosicché adesso possiamo produrre lo spettacolo Macbellum. Due di quegli attori terranno nuovi laboratori da docenti. Importante che si tratti di figure che hanno già condiviso con noi un percorso: senz'altro una nostra specificità.

Più ore di lavoro per l'associazione, più alta l'asticella da superare: il Macbellum richiama il Macbetto di Giovanni Testori.Nel centenario della nascita dell'autore, di concerto con la Fondazione Testori.
L'incontro con questo testo si verifica all'interno di una ricerca che stavamo già conducendo sul Macbeth di Shakespeare, con il desiderio di lavorare sul male che è dentro ciascuno di noi e sulla violenza della guerra. La figura di MacBeth è stata scelta come pretesto per indagare la strada di autodistruzione che la volontà di dominio sul prossimo e sulla natura può portare a percorrere. La rielaborazione fatta da Testori consente di confrontarsi con un linguaggio poetico e folle che risuona nel contempo arcaico e popolare.

Teatro19 in tanti luoghi, radio compresa: proseguirà la collaborazione con Onda d'Urto?
Sì. La nostra trasmissione «Serendippo - esperienze da matti: tutto quanto fa salute mentale», realizzata grazie alla collaborazione di Radio Onda D'Urto e Cps Brescia Sud di Brescia, continuerà ad andare in onda il giovedì dalle 15.15 alle 16.

Produzione, organizzazione e formazione teatrale.
Sì, cercando di abbinare l'arte al sociale. In fondo basta trovare, passo dopo passo, un linguaggio comune.

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