Giorgio Pasotti

di Gian Paolo Laffranchi
«Al Vittoriale darò voce al Vate Ho origini sia bresciane sia bergamasche: un orgoglio essere Capitale della cultura»

Il Vate applaudirebbe la scelta e prenoterebbe un posto in prima fila. Chi meglio di Giorgio Pasotti per dare voce alla sua creatività instancabile? Lettere e liriche, prosa e poesia: il mondo di Gabriele d’Annunzio al Vittoriale nell’interpretazione dell’attore che domani sera alle 21 ne ripercorrerà la vita e l’arte.
 

Scopriremo un Poeta nuovo?
È quello che vorrei, che vorremmo, uscisse da questo spettacolo: un d’Annunzio più intimo, tormentato e romantico ma anche privato. Non dico sconosciuto, visto che i suoi capolavori dovrebbero essere noti a tutti, ma penso ad Eleonora Duse, alla madre, a ciò che scriveva alla figlia. Alle sue storie d’amore. Il tutto accompagnato dalle musiche orchestrate dal maestro Beatrice Venezi, che dirigerà i Solisti Aquilani. Restituiremo anche i gusti dannunziani in una chiave nuova.

D’Annunzio e le sue donne. Giovedì a Taormina, stasera sulla Scalinata San Bernardino dell’Aquila inaugurando il Festival che culminerà nell’appuntamento di domani, a Gardone Riviera, sostenuto dal Consiglio regionale dell’Abruzzo e diretto dal presidente del Vittoriale Giordano Bruno Guerri. Un cerchio ampio e profondo che si chiuderà sul lago di Garda?
Sì, perché si tratta di un vero trittico pensato in contesti anche simbolici: a L’Aquila, dove dirigo il Teatro Stabile d’Abruzzo, è nato questo progetto immaginato per offrire una chiave di lettura diversa di un’opera tanto grande. I Solisti Aquilani hanno fatto da trait d’union dall’idea alla realizzazione.

Dopo l’incontro con la stampa alle 17 e la degustazione di vini abruzzesi alle 18, nel concerto troveranno spazio esecuzioni da Umberto Giordano, Jules Massenet, Claude Debussy, Gabriel Fauré, Giacomo Puccini, Gustav Mahler, Arnold Schönberg e Camille Saint-Saëns.
E i presenti avranno modo di apprezzare un’Orchestra assolutamente eccezionale: voglio sottolinearlo, e non perché io sia di parte.

Il Vate ha lasciato traccia del suo passaggio terreno non solo con i suoi componimenti, ma anche con i luoghi creati a sua immagine e somiglianza che ancora pulsano di vita e perpetuano la sua visione.
È così. Il Vittoriale è un luogo ameno, magico, proiettato nel futuro. Ha prospettive assolutamente futuristiche, molto più avanti del tempo in cui è stato realizzato. È la culla dell’ispirazione dannunziana nel tempo. Ogni dettaglio racconta un istante delle relazioni che il Vate ha allacciato nella Casa dei suoi sogni diventata realtà. C’è un segno di ogni presenza, che si riflette nelle sue opere.

La sua versatilità si sviluppa da anni su più fronti: adesso sono in rampa di lancio la nuova serie di «Lea - I nostri figli» per Rai 1 e i «Racconti disumani» tratti da Kafka con la regìa di Alessandro Gassmann, è in uscita il film «Settimo grado» e ha in progetto di dirigerne un altro. Più il talento o l’applicazione?
Tanta passione, e rispetto per questo mestiere. Ho 50 anni e cerco di fare da un trentennio del mio meglio, inseguendo la qualità: dovrebbe essere la meta di tutti noi attori e registi. Penso sempre al pubblico, a ciò che vorrebbe vedere, ascoltare, leggere, vivere. La locomotiva di ogni mio progetto, al cinema come in televisione e a teatro, è sempre stata questa. Ho seminato con pazienza e adesso posso raccogliere i frutti: posso permettermi di seguire anche vie che in teoria divergono da quella che sarebbe la strada maestra del momento. Il pubblico è molto più intelligente di quanto da più parti si pensi. Mi piace, in questo senso, andare controcorrente.
 

Controcorrente, se pensiamo soltanto a qualche anno fa, è stata anche la scelta di Brescia e Bergamo a braccetto come capitale della cultura per il 2023.
Un grande motivo d’orgoglio. Pochi sanno che io ho origini bresciane. I miei avi erano armaioli, la mia famiglia nell’alto Medioevo produceva armi. Poi, sono nato e cresciuto a Bergamo. Ma non siamo tanto diversi! Onesti, viviamo con profonda dignità i nostri sentimenti ed esprimiamo l’arte con una mentalità da artigiani. Prima parlavamo di talento e di applicazione: io preferisco concentrarmi su quest’ultima, sulla devozione che si prova per il percorso che scegliamo. Lo stesso Caravaggio, un genio assoluto, nasce come pittore di bottega. Anche nella musica, da Donizetti a Benedetti Michelangeli, meritano di essere ricordate figure di assoluta eccellenza che hanno dedicato la vita alla loro arte, lavorando ogni giorno per perfezionarla. A testa bassa.  

Da attore ha saputo commuovere il grande pubblico da «Distretto di polizia» a «Il silenzio dell'acqua»: l'empatia nasce dalla fragilità che non esita a incarnare anche in ruoli da classico uomo forte?
È quello che cerco di ottenere: i personaggi apparentemente più semplici sono quelli più difficili da rendere; di un protagonista mi commuove più il lato intimo dell'atto eroico. Discorso che vale anche per l'omaggio a d'Annunzio che porterò in scena al Vittoriale. Un poeta che tutti hanno studiato ma pochi approfondito, così sicuro nel mostrarsi anche nelle sue insicurezze. Generosità artistica e umana.

Cosa sognava da bambino e cosa sogna oggi?
Il desiderio più ambizioso era diventare medico sportivo. Qualcosa dev'essere andato storto... O dritto in un'altra direzione, se siamo qui a parlare di d'Annunzio. Adesso sogno di riaprire il teatro Comunale dell'Aquila, chiuso dal giorno del terremoto, restituendolo alla cittadinanza. E più in generale vorrei dedicarmi alla regìa, alla scrittura, riservando alla recitazione soltanto alcuni progetti scelti accuratamente.

Suggerimenti