Claudio Cambedda

«L’avvocato suona il rock: perché no? Innamorato dei Beatles da sempre. Ora pubblico dischi anche in America»

di Gian Paolo Laffranchi
Impersonator beatlesiano. Per vestire i panni di Paul McCartney Claudio Cambedda ha imparato a suonare il basso da mancino. Avvocato e rocker Claudio Cambedda fa anche swing e jazz
Impersonator beatlesiano. Per vestire i panni di Paul McCartney Claudio Cambedda ha imparato a suonare il basso da mancino. Avvocato e rocker Claudio Cambedda fa anche swing e jazz
Impersonator beatlesiano. Per vestire i panni di Paul McCartney Claudio Cambedda ha imparato a suonare il basso da mancino. Avvocato e rocker Claudio Cambedda fa anche swing e jazz
Impersonator beatlesiano. Per vestire i panni di Paul McCartney Claudio Cambedda ha imparato a suonare il basso da mancino. Avvocato e rocker Claudio Cambedda fa anche swing e jazz

È la dura legge del rock. Vocazione e scelta di vita per l’avvocato Claudio Cambedda, alias Clay Cambeck e diverse altre maschere da palcoscenico. La musica nel cuore, nell’ugola e sulle dita, praticamente da sempre. Session singer negli anni ‘80. «Impersonator» di Paul McCartney nel circuito delle Beatles Tribute Band (al punto da imparare a suonare il basso da mancino). Protagonista anche a Liverpool al fianco di Len Garry, uno dei Quarrymen originali amico di John Lennon. «Da ragazzino - racconta - mi innamorai dei Fab Four. Radio Popolare faceva un quiz telefonico, ero così invasato che vinsi una pila di 45 giri e diversi album».

Beatlesiano nell’anima. Musicista dalla nascita?
Sì, La nonna materna faceva avanspettacolo a Napoli, il nonno era il tipico musicista swing maledetto. È mancato presto. Anche lo swing è una passione che mi è rimasta: l’anno scorso ho pubblicato un album di questo genere come Claudio Cambedda, ma nella vita ho portato avanti svariati progetti con differenti pseudonimi.

A chi deve dire grazie?
Innanzitutto a mia madre, che per tenermi buono quando avevo 4-5 anni mi faceva ascoltare dischi pitturati coi cavallini che correvano, album di classica coi grandi direttori. E poi gospel e Gianni Morandi, le canzoni dello Zecchino d’oro e le registrazioni di «Supersonic» con il magnetofono togliendo le voci narranti, come compilation da dj. E Lady Madonna, Honky Tonk Woman...

Mica male.
Beatles e Stones, questo andava all’epoca: si sentivano poche cose brutte.

Folgorato dai Beatles?
Sì. A 16 anni presi una chitarra che stava lì, appesa in casa. E soddisfai presto anche la mia passione di registrare. Facevo sovraincisioni, con l’effetto stile Phil Spector da Plastic Ono Band, tipo «Instant Karma’s gonna get you».

La prima band?
A fine anni ’70 The Scrabbles. Inaugurammo la Pace, convincemmo il prete a darci lo spazio. «Faremo delle rappresentazioni», dicemmo. Ma volevamo suonare. Ci facemmo pubblicità tappezzando la città di manifesti colorati psichedelici: motorino, colla e via, non c’erano regole sulle affissioni. Richiamammo così tanta gente alla Pace che al terzo pezzo arrivarono i carabinieri.

Come al concerto sul tetto dei Beatles.
Esatto! Ci fermarono, volevano vedere se eravamo a posto con la Siae. Lo eravamo. Lì nacque il mio sogno rock. Il nostro batterista era Joe Damiani, figlio di un grande avvocato. Gli avevamo fatto il provino io e Davide Giannoni, dopo aver messo un annuncio su Ciao 2001. Pochi giorni prima del nostro primo concerto morì il papà di Joe: eravamo suoi amici e gli chiedemmo cosa volesse fare. Decise di suonare comunque. Risultato: lui doveva fare l’avvocato ed è diventato musicista, io viceversa.

Le famose sliding doors. Ma la musica lei non l’ha mollata di certo.
No, assolutamente. Oggi ho 63 anni e non li dimostro, ho sempre fatto sport, atletica, tennis e calcio, sono fortunato. E ho sempre suonato, al netto del Covid che per 2 anni ha tagliato le gambe a tutti. Ho fatto concerti collaborando a lungo coi Coast to Coast. Da 7 anni suono e canto jazz e swing. Adesso una casa discografica inglese, la Gare Du Nord di Ian Button, vuole pubblicare dischi che ho fatto 10 anni fa in un circuito angloamericano. A gennaio sono usciti 3 album online, 2 della mia band The White Paper che s’ispira ai Beatles, e un mio album psichedelico da Clay Cambeck. Un disco è stato pubblicato dalla Cool Cat Music in America, da dove mi sono arrivate chiamate e richieste anche da radio e festival.

Soddisfatto?
Sì, ma ho un sapore amaro in bocca: nel circuito degli impersonators mi è saltato un contratto per ragioni di età, volevano i 19enni. Tutto questo arriva adesso, ma io l’avrei voluto a 16 anni. Non avrei fatto l’avvocato.

Di cosa si occupa in campo legale?
Sono titolare di uno studio. Mi occupo del settore civile, amministrativo. Sono curatore speciale, aiuto i minorenni, lavoro con il Tribunale. Sono un mediatore professionista. Ho acquisito un po’ di competenze che mi piacciono molto, sempre per aiutare il prossimo: faccio anche patrocinio per chi non è abbiente. Per dieci anni avevo smesso di fare musica e avevo come clienti musicisti famosi a livello nazionale.

Per esempio?
Antonella Ruggiero, grande voce fin dai tempi dei Matia Bazar. Persona squisita, come suo marito Roberto Colombo. Ho avuto a che fare da questo punto di vista, stando dalla parte degli artisti, con Sony e Warner.

La canzone dei Beatles che ama di più?
Le so tutte a memoria. Ma ne dico due, targate McCartney: «Hello goodbye» e «The long and winding road».

Cos’è la musica per lei?
È arte: consola lo spirito. Creatività e cultura sono necessarie, compensano la fatica dell’impegno quotidiano. Per me sono state anche lavoro. Platone dice che la musica non dovrebbe esserlo, per essere libera. Io dico che l’ideale sarebbe riuscire a farne un lavoro restando liberi nello spirito.

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