INTERVISTA

Maria Mirani - Viadellironia

di Gian Paolo Laffranchi
«Dal Teatro Grande a Sanremo con la benedizione di Cesareo»

«La sola, vera rock-band femminile in Italia». È vero che il giudizio è del loro produttore, ma è un circolo virtuoso: se le Viadellironia viaggiano sotto la guida di Cesareo è perché il chitarrista di Elio e le Storie Tese le ha volute. E le ha volute perché sono la band che sono.Per cogliere la forza di Maria Mirani (voce e chitarra), Giada Lembo (basso), Greta Frera (chitarra) e Marialaura Savoldi (batteria) basta ascoltare e vedere «Sade Valentino»: singolo e video (regìa di Moira Della Fiore) in uscita domani, regalo per fan conclamati e potenziali che si rifà all'indimenticato marchese trattando in via allegorica «l'atto di sottomissione sessuale come liberazione da una corporeità pre-codificata, quale ci è stata insegnata dalle pornografie tradizionali, e come possibilità di fuga da un sistema imposto e insoddisfacente. L'escapismo e il post-porno sono tradotti in termini simbolici nel testo e nel video. Si affronta il tema in termini allusivi e lirici, evitando il registro pornografico ordinario». Voglio una dentiera in avorio/ tipo Ludovico di Baviera/ che digrigna ogni sera una preghiera a Gesù/ per tornar quello che era e che ora non è più. Sade Valentino «racconta di desideri che si disimparano e di corpi che sono potenza di desiderio».

Coraggio e creatività: da questo punto di vista Viadellironia ed Elio e le Storie Tese sono sulla stessa lunghezza d'onda.
Ai tempi del liceo erano una presenza costante. Siamo nate nel '94 e per noi Elio e le Storie Tese sono sempre esistiti, con la loro genialità connaturata. Non eravamo fanatiche, non c'è stato timore reverenziale, del resto io non idolatro nessuno. Se non, forse, John Lennon.

Molto sano.
Lo penso anch'io.

Come siete entrati in contatto con la loro società, la Hukapan?
Nicola Bonardi, che lavora con le Storie Tese, ha fatto sentire il nostro ep «Blu moderno» a Cesareo, che ci ha prese sotto la sua ala protettrice.

Dal verbo di Cesareo: «Maria Mirani è un talento raro, scrive con intensità denotando maturità, ha la cultura di chi legge e ascolta tantissimo. Lo si capisce anche da testi che non parlano certo de l'amore profondo dei tuoi occhi all'alba che tramonta...» E questo sarebbe un titolo perfetto per un brano di Elio e soci, peraltro.
Per noi è un onore, lavorare con professionisti come lui. C'è stato subito feeling. Di certo aiuta anche il fatto che siano persone meravigliose. Con Davide, Cesareo, ci capiamo al volo. Pur essendo fenomenale è una delle persone meno snob al mondo. C'è un bel clima in studio, una gioia fare musica così.

Nella prima recensione su «Bresciaoggi», due anni fa, il primo aggettivo utilizzato per la band era «talentuosa». Pronti via e vi siete fatte capire da tutti.
In questi giorni pensavo a com'è difficile il percorso d'uscita per chi vuole scrivere canzoni. Alla fine la questione decisiva è l'opera di convincimento: devi convincere la gente ad ascoltarti, prima di ogni altra cosa. Terrificante, affascinante.

Vi siete aggiudicate subito il bando Siae, quindi evidentemente avete imboccato la strada giusta fin dai primi passi. Quanto conta l'immagine in tutto questo?
Tanto. Noi prima di pubblicare il disco non ce ne interessavamo, poi abbiamo capito che è parte integrante del percorso anche in termini creativi.

Primo singolo, «Ho la febbre», e già un featuring nobile: Edda.
Bellissimo. Amiamo Edda da sempre, abbiamo scelto lui ed è stato bravissimo. Al di là della grande performance vocale, mi ha colpito il rapporto diverso con la parola: il mio è rigido, apollineo, il suo dionisiaco. È stato un esperimento di semantica. E poi girare il video è stato molto divertente.

Riascolta mai il primo album, «Le radici sul soffitto?»
Tendenzialmente non mi riascolto, per ragioni di ansia. Ma quando mi sono riascoltata sono stata felice: quei pezzi sono lo specchio di una fase che abbiamo attraversato, si avverte l'urgenza.

In poco tempo, nonostante la pandemia, avete suonato alla Latteria Molloy, al Teatro Grande, a Casa Sanremo.
Non possiamo lamentarci, eravamo pronte al tour, ma abbiamo posticipato l'uscita del disco che per le chiusure da Covid non ha avuto un vero release party. La mutilazione sotto l'aspetto del live ci ha pesato, ma abbiamo avuto occasioni importanti e adesso possiamo portare il nostro disco dal vivo.

Viadellironia: alt-rock, art-rock, semplicemente rock? Ma cos'è il rock, in definitiva?
Difficilissimo a dirsi. Il rock deve avere un potenziale eversivo. Oggi può essere anche Salmo, che nasce rap e senza chitarre. Sono gli Idles e i Fontaines Dc, eredi di Radiohead e Strokes. Può essere i Måneskin, che non segnano un'evoluzione formale nel genere ma sono sinceri, fanno quello che vogliono e hanno il successo che hanno: il sogno della vita! Il rock, fondamentalmente, è musica che collima col nostro suono e col nostro organico. La nostra matrice è più morbida per via del mio percorso cantautorale: mentre componevo ascoltavo maestri americani come Elliott Smith, non gli italiani perché se mandi a memoria De André e Battiato è dura smarcarsi da quelle lezioni mentre scrivi. Noi siamo felicemente inattuali, per quanto a nostro agio nella contemporaneità. Alt come alternative è termine un po' fazioso: alternativo a cosa? È più supponente di art, che indica una vocazione esistenziale e non vuole prendere le distanze dal contesto. Io faccio arte, non potrei fare altro.

Non solo musica, del resto: un suo cortometraggio, «Bad world», è stato finalista nella categoria «Animazione» del concorso per opere indipendenti promosso dall'Accademia di Macerata, trattando della tristezza secondo Kierkegaard.
Ho sempre saputo di appartenere all'arte, in generale. Cos'altro potevo fare? È una necessità, la mia. Dopo il liceo classico Arnaldo ho studiato pittura a Brera e musica al Conservatorio.

In famiglia cosa si respirava?
Sono stata lasciata libera di dedicarmi alle mie passioni. Mio papà Enrico è giornalista, mia mamma Rosanna urbanista mentre mio fratello Francesco, maggiore di 2 anni, è ingegnere nucleare e fa il ricercatore. Mi hanno assecondato.

Può andare a un concerto o a vedere un film: cosa sceglie?
Il concerto.

La canzone che vorrebbe aver scritto?
«I am the walrus» dei Beatles.

La sua band ideale di sempre?
Alla voce Lady Gaga, alla chitarra John Lennon che canta pure. Alla batteria Charlie Watts. Al basso Kim Gordon.

Niente virtuosi, tanta sostanza. Intanto il 2023 è alle porte: Viadellironia per la capitale della cultura?
Ci piacerebbe fare qualcosa che era molto tradizionale e da quando c'è il Coronavirus non lo è più: un bel concerto in città. Magari in Carmine, montando sulla strada un palco. Che è sempre la fucina dei miei pensieri.

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