L'INTERVISTA

Marisa Laurito

di G. Paolo Laffranchi
«Ho scoperto tutta la bellezza di Brescia grazie all'amore»
Marisa Laurito: attrice, conduttrice e direttrice artistica, è legata dal 2002 al bresciano Piero Perdini. CARLO BELLINCAMPI
Marisa Laurito: attrice, conduttrice e direttrice artistica, è legata dal 2002 al bresciano Piero Perdini. CARLO BELLINCAMPI
Marisa Laurito: attrice, conduttrice e direttrice artistica, è legata dal 2002 al bresciano Piero Perdini. CARLO BELLINCAMPI
Marisa Laurito: attrice, conduttrice e direttrice artistica, è legata dal 2002 al bresciano Piero Perdini. CARLO BELLINCAMPI

«Che stress, che stress, che stress di giorno (ma la notte no!)»Il tormentone di «Quelli della notte» come un biglietto da visita: il suo, perché da quando è apparsa in quelle mitologiche seconde serate Rai degli anni '80 distendere i nervi per tanto pubblico italiano è diventato più facile. Marisa Laurito, attrice e conduttrice capace di spaziare dal teatro alla televisione, dalla recitazione alla scrittura, è da decenni dispensatrice di allegria. Non esiste antistress alla sua altezza. La guardi e ti passa il malumore. C'è tanto lavoro, dietro quella lievità. C'è la voglia di fare, di creare, che trasforma un settantesimo compleanno (festeggiato lunedì) in una biografia: «La vita scapricciata», appena pubblicata per Rizzoli. C'è concentrazione e concretezza, caratteristiche tipica della brescianità che lei, napoletana orgogliosa e verace, ha abbracciato per caso e tenuto stretta a sé per convinzione.«Sono approdata a Brescia per amore», ricorda oggi a quasi vent'anni dall'inizio della storia sentimentale con l'imprenditore Piero Perdini. «Ed è stata una scoperta meravigliosa».

Prima di conoscere il suo compagno di vita non era mai stata qui?
No, neanche per il teatro. Sono arrivata a Brescia grazie a Piero. Pensare che avevo girato l'Italia, il mondo, ma non conoscevo questa città. Prima di metterci piede, me la immaginavo come un mucchio di industrie. Niente di più sbagliato. Sono rimasta molto colpita da luoghi meravigliosi. Brescia è uno straordinario scrigno d'arte e i suoi dintorni, la sua provincia sono così belli da avermi convinto a realizzare una puntata zero in televisione: mi sono detta che nessuno conosceva il valore di questa terra.

Quanto tempo passa a Brescia?
Io e Piero ci dividiamo fra Brescia e Roma; ogni tanto vado a Napoli perché da quasi due anni dirigo il teatro Trianon Viviani.

Prima donna ad assumerne la direzione artistica.
Un onore e un impegno che assolvo con tutta me stessa. Nel contempo riesco a passare parecchio tempo in questa città a misura d'uomo che mi ha accolto con tanta generosità. Per mentalità siamo affini: lavoratori, professionali. I bresciani sono come Piero che è una persona speciale, solida, piacevole ma soprattutto seria.

Ricordi, ritratti, rinascite nel suo libro, «Una vita scapricciata», che la rappresenta fin dal titolo. Sorride fin dalla copertina, dalle prime parole.
Il sorriso è molto importante. Non sarei me stessa senza. Sono contenta di queste pagine: mi corrispondono.

Il suo è un inno al pensiero positivo: «La vita che amo profondamente, voglio che per me sia una crescita continua».
Parlo con i giovani e mi pare che contino più la voglia di avere soldi e successo che non le passioni: troppi non capiscono che l'impegno e i risultati derivano di regola dall'amore per ciò che si fa.

Lei esprime la sua arte anche attraverso quadri, vasi, fotografie. È così da sempre?
Ho cominciato a dipingere a 16 anni. Mio padre mi voleva pittrice, poi moglie mantenuta da qualcuno e con tanti figli. Ho fatto tutto il contrario, naturalmente. Mia madre era concertista, suonava molto bene ma lo faceva per noi e per pochi amici perché doveva badare alla famiglia. Io sono stata una sessantottina, sorridente ma ribelle. Per questo amo che i giovani d'oggi lottino in favore dell'ambiente. Una battaglia che appoggio. Serve il coraggio delle idee, la forza di seguirle.

Lei credeva così tanto nel suo percorso d'artista da pararsi davanti all'auto di Federico Fellini, ma alla determinazione ha unito la capacità di fare squadra con le personalità più diverse: Marina Confalone e Luciano De Crescenzo, Renzo Arbore e Mariangela Melato, partendo dalla scuola di Eduardo De Filippo che è stato terribile con tutti o quasi ma non con lei. Come ha fatto a trovare la chiave giusta in ogni contesto, per ogni persona?
Una mia qualità credo sia abbracciare anziché respingere. Sono un'ottimista che ha imparato il rigore a casa fin da piccola. De Filippo era rigoroso, preparatissimo: un motivo d'orgoglio, essere cresciuta con i suoi insegnamenti. Io credo nel gruppo, non sono individualista. Mi piacciono i ruoli belli, li scelgo bene circondandomi di persone che stimo. Uno spettacolo, una trasmissione viene bene se ci sono tanti elementi magici, la regìa, i compagni di lavoro giusti. Arbore, grazie al quale ho anche conosciuto Piero, mi ha insegnato il principio basilare: bisogna lavorare con felicità. Dobbiamo far ridere il pubblico e come si fa se noi artisti per primi siamo arrabbiati? La serenità e la giocosità sono potenti. Regalare leggerezza alla nostra esistenza per me è una necessità. Come quella di guardare sempre al futuro senza mai dimenticare da dove vengo.

Un aneddoto legato a «Quelli della notte»?
Ci divertivamo a mettere in difficoltà il compagno di sketch spiazzandolo, un'invenzione via l'altra. Poi Ugo Porcelli, il produttore, metteva in riga tutti. E anche Renzo è sempre stato molto attento. La precisione non è nemica della creatività.

Tre anni fa era con Iva Zanicchi al Bonoris di Montichiari per «Due donne in fuga». Dopo un lockdown infinito i teatri stanno riaprendo. Preoccupata o fiduciosa?
I teatri sono stati lasciati allo sbando da una politica che non ha tenuto conto del valore anche sociale della cultura. I teatri generano lavoro, eppure anche i ristori non sono stati appropriati. Con il Trianon non sono stata ferma un momento, ho usato i finanziamenti pubblici per far lavorare artisti e maestranze anche a porte chiuse come so che ha fatto anche il Centro Teatrale Bresciano: mi complimento e condivido. A Napoli giovedì abbiamo presentato la nuova opera di Roberto De Simone: il maestro non solo ce l'ha letteralmente regalata, ma ne ha scritto una prima versione che doveva andare in scena lo scorso Natale con 20 elementi di coro e altrettanti di orchestra per modificarla poi per la televisione. Andrà in onda venerdì prossimo su Rai5. Noi speriamo di rappresentare l'originale con il pubblico a dicembre. Non possiamo dire quando si riaprirà davvero: non sarà facile riorganizzarsi fra una restrizione e l'altra, i cartelloni non si improvvisano e dopo un anno di fermo con l'incubo della pandemia anche il pubblico si dovrà riabituare. Ci vorrà tempo, nessuno può dire quanto.

Da spettatrice, chi le piace? Fra i giovani in particolare.
Virginia Raffaele è giovane ma già arrivata, anzi arrivatissima. Michela Andreozzi è molto brava. Credo che ogni stagione abbia le sue specificità e la comicità è cambiata nel tempo, ma non amo il continuo cicaleccio televisivo che va per la maggiore. Rompe le meningi. E anche altro.

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