Per chi da maggio ha indagato sulla scomparsa di Laura Ziliani tante risposte ai dubbi sarebbero state contenute nei telefoni cellulari di Mirto Milani e di Silvia e Paola Zani, due delle figlie della donna svanita a Temù nel nulla a inizio maggio e ritrovata senza vita l'8 agosto nel piccolo paese camuno nella vegetazione lungo l'Oglio: i tre sono finiti in carcere venerdì mattina con l'accusa di avere ucciso la 55enne ex vigilessa e di averne poi occultato il corpo. Per questo a giugno gli inquirenti avevano disposto il sequestro dei telefoni in mano ai tre ragazzi. Che però non erano gli stessi che avrebbero avuto in uso nei giorni prima e immediatamente dopo la sparizione di Laura Ziliani: «Li abbiamo venduti ad un marocchino incontrato in stazione a Brescia - avevano ammesso tutti -. Avevamo bisogno di denaro. Ci ha dato 250 euro, molto di più di quello che valevano i tre apparecchi. In cambio inoltre ne abbiamo ricevuti altri tre». Per gli inquirenti sarebbe invece una bugia, una delle tante che nel corso delle indagini avrebbero detto i tre giovani che martedì saranno ascoltati dal gip per l'interrogatorio di garanzia: «La contemporanea dismissione degli apparecchi telefonici in uso al trio - sottolinea il gip Alessandra Sabatucci che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare nei loro confronti - portava a ipotizzare che gli indagati avessero voluto celare agli inquirenti il contenuto dei rispettivi dispositivi». Milani e le due sorelle il 22 luglio si erano poi presentati spontaneamente ai carabinieri consegnando loro tre smartphone che avrebbero avuto a disposizione proprio a ridosso della scomparsa di Laura Ziliani. Apparecchi del tutto inservibili però: tutti e tre i cellulari erano infatti stati riportati alle impostazioni di fabbrica rendendoli inutili per le indagini. «Non ve l'ho consegnato prima perché mi vergognavo - aveva spiegato Silvia Zani -. Avevo paura che altre persone potessero vedere foto della mia vita privata e sessuale con Mirto». E anche la sorella Paola aveva giustificato la pulizia totale del suo telefono spiegando che si vergognava del fatto che «altre persone potessero venire a conoscenza che ho una relazione con il fidanzato di mia sorella». Per gli inquirenti invece i tre avrebbero voluto tenere segreto qualcosa d'altro: «I motivi addotti - sottolinea il gip che ne ha disposto l'arresto - non valgono a giustificare il contegno serbato dalle sorelle Zani e Mirto Milani in un epoca in cui gli stessi avevano ormai avuto contezza di essere indagati per l'omicidio di Laura Zani: la circostanza avrebbe reso del tutto recessivo il loro pur legittimo interesse alla riservatezza rispetto alla necessità di allontanare da sé i sospetti per un delitto di siffatta gravità»..