«Non ci divertiamo certo a sparare, ma difendiamo ambiente e agricoltura»

Femmine rimaste senza matrona e con molti cuccioli FOTO MAZZATENTA
Femmine rimaste senza matrona e con molti cuccioli FOTO MAZZATENTA
Femmine rimaste senza matrona e con molti cuccioli FOTO MAZZATENTA
Femmine rimaste senza matrona e con molti cuccioli FOTO MAZZATENTA

Il territorio bresciano è un unicum sotto l’aspetto morfologico e della biodiversità. Le colonie di cinghiali hanno colonizzato in modo troppo radicato per poter pensare di risolvere il problema con mezzi incruenti. La crescita incontrollata della popolazione dei suiidi è divenuta anche (o soprattutto) nel Parco alto Garda una vera e propria emergenza che provoca ingenti danni per l’agricoltura, a volte anche incidentalità stradale e per ultimo, rischi di carattere igienico-sanitario legati alla propagazione della peste suina africana. Non è quindi un caso se proprio ieri il presidente della Comunità Montana Parco Davide Pace, ha inviato al Comprensorio Alpino di caccia CA8 e per conoscenza a Regione Lombardia il sollecito «per un rapido approntamento del Piano di prelievo della caccia in selezione al cinghiale per tutto l’anno 2022 ed una tempestiva apertura della stessa già dai primi mesi, nei limiti della legge venatoria regionale e secondo la normativa». Ad oggi infatti, nei territori del Parco la caccia in selezione senza ausilio di cani inizia a luglio e chiude al 31 gennaio mentre quella in braccata nelle zone più basse si svolge dal primo di ottobre al 31 dicembre, una o due volte a settimana. Nonostante tutto in questi ultimi mesi sono stati abbattuti ben 730 capi, record assoluto mai lontanamente raggiunto in precedenza. «Le continue segnalazioni di presenza di gruppi più o meno numerosi di cinghiali sul territorio che provocano danni creando disagio e pericolo per la popolazione – è l’analisi di Pace - lasciano evidentemente intendere una presenza ancora importante che potrebbe in qualche modo essere contenuta con l’avvio precocissimo dell’attività venatoria in selezione. Modalità di caccia che, proprio per la sua natura, non facendo utilizzo di cani e prevedendo una limitata presenza di cacciatori contemporaneamente sul territorio, riesce ad intervenire senza destrutturare i nuclei di cinghiale presenti, spesso proprio laddove se ne avverte l’esigenza e senza arrecare sensibile disturbo alle altre specie animali». Da queste parti si è giunti al punto che la questione cinghiali va affrontata senza preconcetti: le incursioni dei branchi stanno infatti devastando ambienti di pregio tutelati dal Parco Regionale, da quello Naturale e dai Siti di Rete Natura 2000. Soluzioni diverse da quelle dell’utilizzo dei cacciatori sono peraltro difficili da attuare in territori impervi ed estesi, come ad esempio la sterilizzazione o il posizionamento di gabbie, esperimento avvenuto in tempi recenti a Gardone Riviera. Dal 2010 ad oggi la Comunità montata ha finanziato con il supporto dei privati circa 300 interventi di posizionamento di reti elettrificate, ma alla resa dei conti occorre il coinvolgimento e la valorizzazione del ruolo del cacciatore per il controllo faunistico di questa specie, sdoganando a tutti gli effetti l’attività del cinghialaio e proponendo un´immagine del cacciatore diversa da quella imperante. «Purtroppo nessuno dice che la morfologia del territorio e le limitazioni che la Riserva naturale impone, fanno sì che la gestione sia pesantemente limitata – afferma con franchezza uno dei componenti delle tre squadre di cacciatori impegnati nei contenimenti -: queste aree diventano vere e proprie oasi di protezione e riproduzione del cinghiale. In più la mancanza alimentare fa sì che alcune colonie di animali si spingano vicino ai centri abitati e perfino in riva al lago. Vorremmo si capisse che caccia al cinghiale non è un passatempo per soddisfare una passione venatoria fine a se stessa ma una forma di tutela». Luciano Scarpetta

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