L’antica chiesetta minacciata dall’incuria chiede soccorso

di Massimiliano Magli
La santella dei Tredici sulla provinciale a Cizzago
La santella dei Tredici sulla provinciale a Cizzago
La santella dei Tredici sulla provinciale a Cizzago
La santella dei Tredici sulla provinciale a Cizzago

Sta trasformandosi in un rudere la chiesetta dei fondatori di Comezzano-Cizzago: un simbolo di «fondazione» del paese che nella sua storia vale più di qualsiasi altro monumento, persino più del municipio, perché eretto in onore della sopravvivenza stessa di questa comunità. Nei giorni scorsi pezzi di calcinaccio sono caduti al suolo, trasformandosi in un pericolo per i passanti, confermando ormai grave l’incuria per la chiesetta, che rappresenta un simbolo antichissimo del paese. COLLOCATA sul fianco sud della provinciale 20, a Cizzago, la chiesetta è nota come santella dei Tredici o dei «tredes», e ha alle spalle una storia vera, tredici (secondo la tradizione orale) o più che fossero i sopravvissuti all’epidemia di peste che decimò il paese tra XVI e XVII secolo. Andrea Maina, storico locale e sindaco per due volte tra il 1985 e il 1995, non lesina critiche rispetto all’incuria. «Non voglio certamente entrare nel merito delle priorità della parrocchia - spiega - ma è opportuno che dopo tanti investimenti per la chiesa madre un occhio di riguardo debba essere tenuto anche per questo sacro immobile». La parrocchia è stata infatti già oggetto di interventi per oltre 500 mila euro, con rifacimento del tetto, messa in sicurezza degli interni, realizzazione del nuovo sagrato. Ma non è così per questo simbolo a cui è sottesa anche una storia drammatica. Quella di una comunità decimata in due momenti (epidemie del 1577 e del 1628), tanto che i sopravvissuti divennero nell’immaginario collettivo «i 13 maligni»: già perché la credulità popolare, oggi come allora, di solito preferisce non definire solo «fortunati» quei pochi, tra centinaia di compaesani, che riescono a scampare dalla morte miracolosamente o per chissà quale «demoniaco» beneficio. «Questi sopravvissuti all’epidemia - scriveva lo storico Paolo Guerrini (1880-1960) - vollero celebrata ogni anno una festa votiva di ringraziamento a Dio per lo scampato pericolo; questa festa, detta ’festa dei 13 maligni’ si celebra il secondo sabato di maggio». Secondo la leggenda, il parroco dell’epoca avrebbe ucciso a colpi di crocifisso un appestato, sepolto in chiesa ma non ancora morto. Il presunto defunto si sarebbe risvegliato in presenza del prete. Da qui il monito di seppellire gli appestati, solo se certo che fossero morti. Ne nacque una devozione, non riconosciuta dalla chiesa, che per anni vide diffondersi una festa che ogni anno prevedeva la piantumazione un albero in piazza e feste per le vie, con scritte su strade e monumenti. Il sindaco Mauro Maffioli: «Guardiamo con attenzione al futuro di questo manufatto ma non possiamo metterci mano, trattandosi di beni della parrocchia. Certo - conclude - se ci saranno i fondi per recuperarlo anche il Comune contribuirà con spese tecniche e un’offerta». •

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