momento amarcord

Ascoltare le partite alla radio: quando il calcio era molto più umano

di Vincenzo Corbetta
Chi non andava allo stadio, alla domenica seguiva un rito ben preciso: dopo pranzo radiolina all’orecchio per ascoltare le leggendarie radiocronache dei mitici Ameri e Ciotti in Tutto il calcio minuto per minuto E che brividi anche con le emittenti locali che seguivano il Brescia in trasferta: per 90 minuti con il cuore in gola

L’ultimo atto prima di avere il permesso da papà o mamma di alzarsi da tavola e accendere la radio alla domenica pomeriggio era ingoiare il bignè alla crema per non offendere i nonni, invitati a pranzo e passati apposta in pasticceria. Così si arrivava al pelo all’appuntamento con Tutto il calcio minuto per minuto su Radiorai, la Messa laica per chi era malato di pallone e non c’era distinzione d’età. Giovani e meno giovani, si stava in casa vicinissimi alla radio, chiudendosi in una stanza per non essere disturbati.

E c’era una muta solidarietà per chi, più grandicello, la domenica dopo pranzo doveva uscire per forza per non farsi mettere il muso dalla fidanzata. Incollavamo la radiolina all’orecchio in attesa della voce dallo studio centrale di Roberto Bortoluzzi e della prima chiamata ai radiocronisti inviati sui campi per i risultati dei primi tempi.

I protagonisti

L’ordine era: Enrico Ameri per la sfida principale, Sandro Ciotti, Alfredo Provenzali, Piero Pasini, Ezio Luzzi per la B. Domenica Sport, sempre su Radiorai, sarebbe arrivata dopo a raccontare i primi tempi e a raccogliere le interviste dei protagonisti nel dopogara. Negli anni ’70, Tutto il calcio si collegava solo per i secondi tempi. Era una consuetudine propria anche della Tv: alle 18.15 sul 2° canale della Rai un tempo di una partita di B, sul 1° un tempo di una partita di Serie A. Ma il programma cult, in Tv, rimane 90° minuto con Maurizio Barendson e Paolo Valenti, il primo che mostrava i gol.

Poi venivano Domenica Sprint alle 20 su Raidue e la Domenica Sportiva su Raiuno dopo lo sceneggiato delle 20.30. Dunque, la domenica. Niente scuola, sveglia più tardi. La colazione con la famiglia, la Messa (quella in parrocchia...), l’edicola, la sosta nella pasticceria del quartiere per il vassoio di paste (se non le portavano i nonni o gli zii), il ritorno a casa, il pranzo: tutto questo altro non era che un interminabile passatempo prima che scoccasse l’ora «X» per accendere la radio sperando di beccare la frequenza non disturbata.

Tra stadio e radio

Chi scrive la radio la ascoltava una volta ogni 15 giorni. Dall’età di 7 anni, dal 1973, le gare casalinghe del Brescia al Rigamonti erano un appuntamento altrettanto fisso e non c’era radiolina o Tutto il calcio minuto per minuto che tenessero. Lo stadio era lo stadio, il Brescia era il Brescia.

Massimo concentrazione sulle gesta di Cagni e Bertuzzo, di Altobelli e Beccalossi, di Salvi e Bonometti, di (tutto d’un fiato) Malgioglio Podavini Galparoli De Biasi Venturi Biagini Salvioni Maselli Mutti Iachini Penzo, la formazione della promozione in A del ’79-80. E quell’anno, quando il Brescia giocava fuori, si preferiva ascoltare le radiocronache delle emittenti private bresciane.

Tutto il calcio

A Tutto il calcio, a parte un campo con la voce di Luzzi, si dovevano attendere «gli altri risultati della Serie B»: pochi secondi solo per le variazioni di punteggio. Meglio dunque pendere dalle labbra di Sergio Isonni su Radio Monte Maddalena, di Luciano Smussi su Radio Luna o di Roberto Timpini su Radio Spazio Zero, voci che raccontavano il Brescia, solo il Brescia, minuto per minuto, interrotti dallo spot pubblicitario di un mobilificio, di una ditta, magari del negozio sottocasa.

Il lunedì, soprattutto dopo essere stati al Rigamonti, la voce era persa, peggio di quella inconfondibile di Ciotti. Ma forse, meglio della domenica, erano i sabati d’attesa, in cui si faceva la schedina del Totocalcio, si rileggevano le pagine sportive dei giornali locali per avere argomenti di discussione con gli amici.

Il Brescia, una passione

Quando il Brescia era in Serie A, lo spazio che gli dedicava la Rai sembrava sempre esiguo. E davanti alla radio si è vissuto uno dei momenti più drammatici da tifoso biancazzurro, la retrocessione in B nell’80-81 dopo lo 0-0 di Ascoli, una partita non giocata perché il pareggio pareva bastare a entrambe. Bastò all’Ascoli di Carletto Mazzone, non al Brescia di Alfredo Magni.

E quando il radiocronista disse: «Incredibile, ma per la classifica avulsa il Brescia è in B», la classifica avulsa sembrava un mostro diventato reale. Le lacrime scesero copiose e c’è chi spense la radio maledicendola. Però, si perdona tutto a un’amica che ha accompagnato l’infanzia facendoti emozionare, scatenando l’immaginazione di dribbling e tackle, di gol e parate, rendendo emozione l’attesa stessa delle partite. Bravo, bravissimo chi le raccontava, che fosse un fuoriclasse come Ciotti o il più appassionato dei radiocronisti locali.

Oggi c’è la Tv, si vede tutto, basta pagare. Ma nemmeno la telecamera più sofisticata, le riprese più moderne possono eguagliare la sensazione unica di Tutto il calcio e degli altri risultati della Serie B. Ascoltare le partite alla radio era più dolce di un bignè alla crema.

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