LA STORIA DEL CENTRO COMMERCIALE

Freccia Rossa: era un «tempio» dello shopping, ma ora è una cattedrale deserta

Problemi occupazionali e saracinesche abbassate in attesa delle novità
Le saracinesche sono abbassate in gran parte dei casi FOTOLIVE
Le saracinesche sono abbassate in gran parte dei casi FOTOLIVE
Le saracinesche sono abbassate in gran parte dei casi FOTOLIVE
Le saracinesche sono abbassate in gran parte dei casi FOTOLIVE

Come per la metropolitana, toccò al sindaco Paroli l’inaugurazione, anche se non fu sua nè l’idea di dotare Brescia di una metro nè quella di trasformare l’ex acciaieria Atb in un centro commerciale che della fabbrica manteneva le otto arcate dei capannoni e per il resto un vago richiamo al passato industriale. Il progetto del centro commerciale veniva dalla sindacatura precedente, quella di Paolo Corsini. C’erano tante aspettative allora, nel 2008, ma anche tante paure: l’aumento del traffico, lo spopolamento dei negozi del centro. Alle aspettative si poteva dare un numero: 7 milioni di consumatori all’anno quelli attesi; alle paure no, ma la perdita di appeal del centro storico è diventata un refrain nel mondo del commercio, che qualche giorno fa ha trovato una quantificazione (Confcommercio): 1600 negozi chiusi per sempre negli ultimi dieci anni. Senza contare però le riaperture, e senza contare neppure che non sarà certo stata tutta colpa del Freccia Rossa... Certo è che, a pensare ai giorni migliori del centro commerciale, camminare ora per le sue gallerie stringe il cuore. In realtà, camminare si può solo parzialmente, perchè il primo piano è praticamente off limits, salvo l’area del food, però ormai limitato ad un bar e pochissimi ristoranti, e ai cinema. Resta una gioielleria/bigiotteria, un corner che inaugura una passeggiata che non si può fisicamente fare, se non saltando delle transenne, e che non vale neppure la pena fare, visto che ci si imbatterebbe solo in un’infilata triste di saracinesche abbassate, senza soluzione di continuità. Sembra un coprifuoco, come se di lì fosse passata un’epidemia. In realtà, ci è passata davvero l’epidemia, ma non ha fatto scappare nessuno, lei, semmai il Covid ha fatto scoprire al Freccia Rossa una vocazione sanitaria inattesa, e che è l’ultima delle destinazioni d’uso che 14 anni fa ci si poteva immaginare. Quella del centro per i tamponi, di qui infatti sono passate centinaia di insegnanti e agenti delle forze dell’ordine per i test anti-covid. Dopo quel momento, è ripiombato il silenzio; solo al piano terra ci sono vetrine illuminate, poche, si vendono dischi e cd come se la hall fosse un mercato di ambulanti, la scale mobili girano a vuoto. La chiusura delle attività così repentina è stata un trauma per titolari e dipendenti.

Un trauma dagli strascichi anche legali, con situazioni varie, di canoni arretrati, contratti al centro di contestazioni, licenziamenti. Il sindacato (Cgil e Uil) lamenta l’assenza di un tavolo con la proprietà e l’Amministrazione comunale, e «nonostante sia dall’autunno scorso che lo chiediamo, non abbiamo segni dalla Loggia», e la difficoltà di parlare con il Comune del futuro di persone e imprese. L’assessore al Commercio, Valter Muchetti, interpellato da Bresciaoggi, non ha risposto. E i commercianti si dicono tenuti all’oscuro dalla proprietà sul futuro del centro commerciale e sugli effettivi progetti che lo riguardano e li riguardano. Nella nota inviata da Resolute asset management si dice però che gli operatori sono stati informati in una riunione dello scorso 22 marzo, quindi meno di due settimane fa. Si dovrà capire se ci sarà ancora posto per loro nel nuovo layout (per le catene è stato più facile, ricollocando, ad esempio, i dipendenti in altri punti vendita), nell’«entertainment center» che si immagina per il «Freccia». Di certo, la concorrenza di Elnòs prima e la congiuntura poi dettata dalle spietate regole del lockdown hanno imposto una svolta al modello di business perseguito per 14 anni. «Col Covid - dice Carlo Massoletti di Ascom Brescia - molta più gente ha preso ad usare Internet per gli acquisti, soprattutto di quelle merci intermedie che sono proprio quelle vendute nei centri commerciali». Massoletti avrebbe visto non come un’opzione qualsiasi ma come opzione obbligata, una sorta di rivoluzione. «Facciano altro lì dentro, il museo di scienze naturali o la cittadella dell’innovazione». Ma questo non è il futuro prossimo. Il futuro prossimo, se la vendita andrà in porto, è l’intrattenimento. •. E.B.

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